Alessandro Cicoli con i contributi di Marusca Tenaglia ed Emanuele Barone
Condensare l’avventura vissuta all’Eurojam dai nostri ragazzi in poche pagine è davvero impresa ardua: quei dieci giorni di campo sono stati solamente la punta dell’iceberg di anni di preparazione, progressione personale e crescita di squadriglia.
La sfida, infatti, venne lanciata nel lontano Novembre 2012 con la missione “Azimuth Europa”: una sorta di strumento di autovalutazione strutturato in missioni e imprese di squadriglia da svolgersi durante l’intero anno associativo. A seguito della felice conclusione di questa lunga missione, i capi riparto, nelle persone di Samanta Lucchetti (“Il Quadrifoglio”), Giacomo Marinelli (“Santa Croce”), e Alessandro Cicoli (“Don Giulio”) comunicarono ai commissari nazionali la volontà di partecipare al grande evento. Si avviò così un tortuoso iter burocratico, che portò anche ad un’importante variazione logistica: inizialmente, infatti, l’Eurojam avrebbe dovuto tenersi a Metz (nella parte nord-orientale della Francia), ma in seguito alla scoperta di alcuni ordigni bellici nella zona deputata per lo svolgimento del campo (roba da far impallidire la bomba di Fano), fu necessario trovare tempestivamente un altro posto. La scelta ricadde su Saint-Evroult-Notre-Dame-du-Bois, nel cuore della Normandia (un nome complicatissimo, ma che ci è entrato ben presto in testa).
Nei primi giorni del maggio 2014 fummo chiamati, come capi riparto, a partecipare allo “Unit Leader Camp”, una sorta di pre-campo organizzato sul posto: ciò ci ha permesso di prendere coscienza del clima ostile e dell’incredibile lunghezza del viaggio, timori che si sono rivelati assolutamente fondati (in special modo per il Riparto “Santa Croce”). Arrivammo così al fatidico giorno della partenza. Data: 31 Luglio 2014. Luogo: stazione FS di Pesaro. Treno: “Frecciabianca” 9830 Lecce-Milano. Il sottoscritto, individuato quale responsabile di distretto per il piano di carico, iniziò a preoccuparsi non appena si rese conto del ritardo di alcuni ragazzi, rimasti intrappolati nel traffico della città che si stava preparando al Palio dei Bracieri. Per fortuna tutto andò per il meglio: fu un’impresa far restare tutti in ordine sulla banchina, e anche ridistribuire i ragazzi all’interno delle carrozze non appena il Capo Treno ci comunicò che una di quelle da noi prenotate era stata chiusa.
Arrivati a Milano, non facemmo in tempo a scendere dal treno che immediatamente venimmo caricati sul pullman diretto in Francia: attraversammo le montagne e i laghi della Svizzera, le infinite distese della pianura francese e al termine di un viaggio durato la bellezza di diciotto ore arrivammo a Saint-Evroult. Ogni riparto si diresse al bivacco assegnato e ricordo che, una volta arrivati in loco, si presentarono ben presto due problemi: i pali destinati alle costruzioni erano simili a delle potature di sequoie e la zona a noi assegnata era davvero misera per le nostre sette tende. Ma grazie alla pazienza e all’arguzia degli esploratori, in poco tempo il campo venne montato. Nel frattempo, Giacomo (rimasto in Italia per lavoro) ci stava raggiungendo in aereo e, in tarda notte, arrivò finalmente alla tenda di staff (non senza farsi un paio d’ore di “giro turistico” dei bivacchi, dato che la zona era irraggiungibile telefonicamente).
Va detto che esploratori e guide non furono le uniche figure coinvolte nel nostro gruppo: oltre ai capi unità, i rover, le scolte e gli RS in servizio, il Calcinelli I apportò anche i preziosi contributi dei Capi Bivacco Marusca Tenaglia (bivacco 5) e Francesco Brunori (bivacco 14).
Cara Marusca, che ricordo hai dei primi momenti all’Eurojam?
Sono davvero tanti i ricordi, dall’arrivo in aereo, nel cuore della notte, al ritrovarsi catapultata con tutte le capo della Pattuglia Nazionale Guide dentro un tendone. Dal giorno seguente ho iniziato a dedicarmi al mio bivacco, innanzitutto prendendo confidenza con l’area che ci era stata assegnata. Da lì, sono iniziati dodici giorni nei quali mi sono messa gioiosamente al servizio di quelle capo riparto e guide che mi erano state affidate, dimenticandomi di tutto il resto.
Ebbe così inizio il quarto Eurojam della storia della FSE, con una bella ed intensa cerimonia d’apertura presieduta dal Commissario Federale Martin Hafner e incentrata sul motto del campo “Venite et Videte”. Questa frase, tratta dal Vangelo di Giovanni, ispirò tutte le attività organizzate per le squadriglie:
“Venite et laborate!” – workshop tecnico con una squadriglia gemellata;
“Venite et gaudete!” – cena festosa e fuoco di campo con altre due squadriglie gemellate;
“Venite et adiungite!” – attività opzionale di gemellaggio di Riparto;
“Venite et vincite!” – grande gioco con altre dieci squadriglie;
“Venite et reconciliate!” – pellegrinaggio al Santuario di Lisieux;
“Venite et cognoscite!” – giornata di scambio;
“Venite et ludite!” – giornata organizzata liberamente dai riparti.
Caro Emanuele, quali sono le attività che ricordi con più piacere dell’Eurojam?
Una di queste è sicuramente il “Venite et laborate!”. La preparazione è stata davvero lunga e intensa: sapevamo di dover condividere l’attività con una squadriglia francese e abbiamo pensato di realizzare una torretta di segnalazione. Approntammo la nostra impresa di squadriglia nei dettagli, mettendola in pratica nei giorni del campetto che organizzammo nella casa in campagna di mia nonna. Purtroppo a Saint-Evroult non potevamo disporre dei nostri bei pali su misura e ci rendemmo presto conto che realizzare la medesima costruzione con delle sezioni di tronco d’albero intrise d’acqua era davvero impossibile! Così, la nostra squadriglia gemellata francese ci accompagnò nel bosco e ci insegnò a costruire delle frecce polinesiane, fatte con rami affilati e dotate di un meccanismo a corda che le conferisce una lunga gittata. Ricordo anche che in quell’occasione fui intervistato da un loro squadrigliere che stava prendendo la specialità di giornalista: fu molto facile farmi capire, visto che parlava un perfetto italiano!
Un’altra attività che ricordo con grande gioia è il “Venite et gaudete!”, durante la quale insegnammo ad una squadriglia tedesca la ricetta della pasta all’amatriciana, preparata dal nostro cuciniere Gianmarco Mandolini: inutile dirti che i nostri amici la apprezzarono moltissimo! Molto bello fu anche il dopo cena, allietato da canti e bans.
Per noi capi riparto la tensione, invece, fu sempre molto elevata, per la paura che qualcosa potesse andare storto: devo dire che tutto fu reso più facile dai nostri compagni di staff e dalle alte squadriglie. Voglio inoltre ringraziare di cuore, anche in questa occasione, i ragazzi dell’annata ’97 che per ragioni anagrafiche non hanno potuto accompagnarci all’Eurojam: senza la preparazione e il sacrificio da loro messi in campo, la Normandia sarebbe stata solamente un lontano miraggio. Un pensiero speciale inoltre lo riserviamo al nostro caro Marco De Luca, la stella più luminosa del cielo che ci ha accompagnato e sostenuto in questa avventura.
In conclusione, ecco cosa ricorderò per sempre di questa incredibile esperienza che ho avuto il privilegio di vivere anche da Capo Riparto:
umidità ovunque (nei vestiti, nelle tende, nelle “baguette” che mangiavamo);
i menù giornalieri in cui non potevano mancare il “camembert” e le “lingue di gatto”;
la poggia incessante che non ci ha concesso nemmeno un giorno di tregua;
le docce fatte con le taniche;
la paura per le zecche;
i tramonti alle undici di sera;
i tempi biblici necessari a far bollire l’acqua per la pasta (causa pioggia e vento);
il sapore del chinotto bevuto alla stazione di Milano al ritorno;
la passione dei capi;
la gioia dei ragazzi;
il dolce abbraccio dei nostri genitori appena scesi dal treno.