2000/2001 Sei scout in cerca di un nome

Nicola Rivelli

Erano passati dieci anni dalla nascita del Gruppo e quella sera al parco Unicef di Calcinelli risuonavano le note dei canti Scout attorno al falò. La notte si faceva profonda intorno alla mole del castello abbandonato che ancora oggi sorveglia quella zona del parco pubblico. Le ombre delle fiamme danzavano svelte e portavano alla mente molti ricordi del passato. Così nascono i grandi racconti e le grandi storie: stretti attorno a un fuoco di bivacco che tutto rende possibile.

Bastò la possibilità di quella sera infatti per convincere Giacomo Giovanelli a tornare a far parte del Gruppo Scout, dopo che, ormai da qualche anno, se ne era allontanato. La proposta fu semplice e diretta, in pieno stile Scout. C’era bisogno di un Capo Clan per poter dar vita ad un servizio continuativo nel Gruppo da parte dei ragazzi più grandi che uscivano dal Riparto. Quella sera Giacomo disse che si poteva fare: sarebbe stato lui a guidare la squadra in questa nuova avventura.

I ragazzi di allora iniziarono a vedersi con costanza e a creare una piccola comunità, ma questa ancora non aveva un nome. Si decise di cercarlo a Bologna, con un’uscita appositamente organizzata per raggiungere quell’obiettivo. Giacomo conosceva bene la città e sembrava la meta giusta per trovarvi ispirazione. I ragazzi ben felici dell’uscita fuori porta si trovarono subito di fronte alla grande basilica di San Petronio. Era una bella giornata e la luce rimaneva ingarbugliata tra le profonde fessure dei mattoncini della facciata non finita. “Chiamiamoci Clan Maggiore!” Disse all’improvviso uno dei ragazzi. Perché no? Non pareva male. Maggiore come quella Piazza infinitamente vasta se pensata all’interno di una città medievale come Bologna. Tuttavia qualcuno non sembrava troppo convinto. “Giriamo l’angolo e forse ci verrà in mente qualcos’altro” disse un altro.

Di là, oltre il bugnato cinquecentesco del Palazzo del Podestà, si intravedeva già il corpo nero e cangiante del Nettuno. Emergeva splendido in cima alla fontana, circondato dalle ninfe che giocavano con l’acqua. Un Nettuno possente, ardito ed energico, capace di rappresentare al meglio l’audace giovinezza di un gruppo di ragazzi che avevano fretta di imparare a guidare da soli la propria canoa. Tutti si trovarono d’accordo: era bastato girare un po’ intorno alla piazza, cambiare la prospettiva, e tutti si erano convinti.

Davvero una bella storia da raccontare al caldo della fiamma a tutti quelli che in futuro faranno parte del Clan Nettuno di Calcinelli.