Montesilvano, 16-19 aprile 2009.
Non si tratta di un semplice modo di dire e in quattro giorni ho avuto modo di capire quanto “forte e gentile” non sia solamente uno stereotipo appiccicato al popolo abruzzese.
Vi racconto una storia di dignità, di fierezza e di grande solidarietà. 06/04/2009 ore 3.32 un terremoto di magnitudo 5.8 scuote L’Aquila. Davanti la Tv ho visto i VV.FF. e i volontari scavare tra le macerie, ho visto salire inesorabilmente il numero delle vittime e ho provato un enorme senso di pietà nei confronti di chi in un solo minuto ha perso tutto quello che ha costruito in una vita, o ancor peggio ha perso un familiare, un amico sotto le macerie. Poi tutto è cambiato, perchè quando gli aquilani smettono di essere solamente un popolo, ma assumono il volto ed il nome delle persone che per quattro giorni hai conosciuto, hai aiutato e con cui hai passato del tempo, il punto di vista cambia notevolmente.
Che cosa abbiamo fatto a Montesilvano per quattro giorni? Quasi niente, spostato qualche pacco, giocato con qualche bambino, quattro chiacchiere con le persone nella lussuosa hall del grandhotel Montesilvano. Il nostro ruolo non era quello di salvare la vita a qualcuno, ma cercavamo di stare il più vicino possibile alle persone che ne avevano bisogno. Ascoltavamo i racconti di chi aveva voglia di parlare, giocavamo coi bambini che sapevano di trovarci sempre nella stanzetta dei giochi, aiutavamo le persone a trovare qualche capo di vestiario, un pezzo di sapone o una carrozzina. Ho incrociato la strada di molte vite, ognuna delle quali mi ha trasferito una piccola parte della sua sofferenza: ho parlato con Giuseppina (90 anni) che mi ha raccontato in lacrime di quei momenti di panico, condividendo con me le preoccupazioni per il futuro; ho giocato con Claudia (3 anni) che con una triste dolcezza mi ha chiesto di disegnarle una casa raccontandomi che la sua “si è rotta”, ho visto i suoi genitori sforzarsi di non mostrarle le loro preoccupazioni; ho aiutato Anna, Linda, Teresa a trovare un po’ di sapone per lavarsi l’unico cambio con cui sono uscite di casa; ho giocato con Robert (8 anni e mezzo) che ogni mattina ci aspettava nella stanzetta dei giochi da un’ora prima del nostro arrivo.
Ho visto un cartello scritto dalla direzione del Grandhotel che chiedeva ai terremotati di avvisare ogni volta che qualcuno non sarebbe stato presente ad un pasto. In questo cartello la parola ‘terremotati’ era cancellata e a penna era stato scritto sopra ‘aquilani’.
Sopra ogni altra cosa ho visto la grande forza e la dignità con cui queste persone tentano di ricostruire la loro vita, ho visto gli abitanti di Montesilvano, gli scout, le parrocchie, la caritas e i gruppi famiglie impiegare tutte le loro forze nel tentativo di alleviare le sofferenze di questa povera gente.
E’ con tristezza che domenica sera sono tornato a casa, nella mia casa per nulla scalfita, dalla mia famiglia e dai miei amici. La quotidianità presto assorbirà la mia tristezza, ma non potrò facilmente dimenticare la grande riconoscenza che ho letto negli occhi di ogni persona che ho incontrato e con cui ho passato qualche minuto. Sono grato ad ognuno di loro per quel che han fatto per me.
Voglio soprattutto ringraziare Chiara, non solo per la stupenda accoglienza che ci ha riservato, ma soprattutto per il magnifico esempio di persona che è in grado di annullare le proprie esigenze, che sceglie di sacrificare tempo, denaro e lavoro per aiutare nel momento del bisogno e che arriva a svuotare la propria casa per soddisfare questa o quell’altra necessità altrui.
C.C. Brunori Francesco