2000/2001 Sei scout in cerca di un nome

Nicola Rivelli

Erano passati dieci anni dalla nascita del Gruppo e quella sera al parco Unicef di Calcinelli risuonavano le note dei canti Scout attorno al falò. La notte si faceva profonda intorno alla mole del castello abbandonato che ancora oggi sorveglia quella zona del parco pubblico. Le ombre delle fiamme danzavano svelte e portavano alla mente molti ricordi del passato. Così nascono i grandi racconti e le grandi storie: stretti attorno a un fuoco di bivacco che tutto rende possibile.

Bastò la possibilità di quella sera infatti per convincere Giacomo Giovanelli a tornare a far parte del Gruppo Scout, dopo che, ormai da qualche anno, se ne era allontanato. La proposta fu semplice e diretta, in pieno stile Scout. C’era bisogno di un Capo Clan per poter dar vita ad un servizio continuativo nel Gruppo da parte dei ragazzi più grandi che uscivano dal Riparto. Quella sera Giacomo disse che si poteva fare: sarebbe stato lui a guidare la squadra in questa nuova avventura.

I ragazzi di allora iniziarono a vedersi con costanza e a creare una piccola comunità, ma questa ancora non aveva un nome. Si decise di cercarlo a Bologna, con un’uscita appositamente organizzata per raggiungere quell’obiettivo. Giacomo conosceva bene la città e sembrava la meta giusta per trovarvi ispirazione. I ragazzi ben felici dell’uscita fuori porta si trovarono subito di fronte alla grande basilica di San Petronio. Era una bella giornata e la luce rimaneva ingarbugliata tra le profonde fessure dei mattoncini della facciata non finita. “Chiamiamoci Clan Maggiore!” Disse all’improvviso uno dei ragazzi. Perché no? Non pareva male. Maggiore come quella Piazza infinitamente vasta se pensata all’interno di una città medievale come Bologna. Tuttavia qualcuno non sembrava troppo convinto. “Giriamo l’angolo e forse ci verrà in mente qualcos’altro” disse un altro.

Di là, oltre il bugnato cinquecentesco del Palazzo del Podestà, si intravedeva già il corpo nero e cangiante del Nettuno. Emergeva splendido in cima alla fontana, circondato dalle ninfe che giocavano con l’acqua. Un Nettuno possente, ardito ed energico, capace di rappresentare al meglio l’audace giovinezza di un gruppo di ragazzi che avevano fretta di imparare a guidare da soli la propria canoa. Tutti si trovarono d’accordo: era bastato girare un po’ intorno alla piazza, cambiare la prospettiva, e tutti si erano convinti.

Davvero una bella storia da raccontare al caldo della fiamma a tutti quelli che in futuro faranno parte del Clan Nettuno di Calcinelli.

2001/2002 Un desiderio venuto da lontano

Laura Bruscoli

Nonostante sia una delle cinque ragazze che a Calcinelli hanno iniziato l’avventura dello scautismo al femminile, non mi ero mai chiesta come fosse stato piantato questo seme, e perché la nostra cara fondatrice, Marusca Tenaglia (Maru) rispose SÌ a questa chiamata fuori dalle righe che le era stata fatta.

Quindi vado da lei e le chiedo, appunto, perché ha detto sì e da dove viene il tutto. Scopro così che il desiderio di questa sezione femminile del Gruppo viene in primis da Fabio Francesconi (il Big), che nella sua lungimiranza, chiede a tre animatrici parrocchiali di seguire il Riparto Esploratori al loro campo estivo e di svolgere lì un servizio di cambusa.

Una di quelle tre animatrici è la nostra Maru, che nel 1998 fa la sua esperienza in tenda, con pantaloncini con i tasconi e la maglietta blu, accampata fuori del Rifugio di Madonna dell’Acquanera, ad osservare da vicino un Riparto Esploratori.

Ma come ben sappiamo le Guide non compaiono a Calcinelli nel 1998 ma nel 2001 per la prima volta. Quindi: cosa è successo in questo lasso di tempo?

Maru svolge il servizio di animatrice in Parrocchia per un triennio poiché aveva già speso una parola in questo senso e allo scadere del triennio, invece di prendere un nuovo gruppo di ragazzi, si ritrova a parlare una sera con Big, Giacomo “Giova” Giovanelli, Francesco “Bruno” Brunori, e Giovanni “Cioffi” Cicoli, e si sente dire:

“Noi ti vediamo come la persona che porta con sé la vicinanza allo scautismo e l’esperienza con i giovani”.

Quelle parole si sono sommate alle considerazioni fatte in quei tre anni: in quel campo estivo, ciò che aveva maggiormente colpito Maru dello scautismo era la profonda autonomia e il forte senso di responsabilità che vivevano i ragazzi nella loro vita di Squadriglia.

Ed è stata proprio questa la proposta fuori dalle righe che Maru ha accettato (non finiremo mai di ringraziarla per questo): essere la Capo di una manciata di ragazzine che avrebbero voluto sviluppare questa autonomia e questa responsabilità.

Quelle ragazzine sono comparse nell’estate del 2001 ed erano: Francesca Maltempi, Francesca Curzi, Alice Ragnetti, e chi scrive ora, Laura Bruscoli. Tutte quattro, guarda caso, conoscevamo il Big e sono sicura che più volte ci eravamo sentite dire: “Ehi, ma tu vuoi fare i boy Scout?” – con un tono che accentuava le parole “boy” e “Scout”.

Forti del nostro sì e dell’avere Maru con noi, tutte cinque partiamo per il primo campo di formazione, ad agosto 2001.

Da quel campo all’apertura del Riparto Guide, avvenuta ufficialmente il 3 febbraio 2002, ne sono successe di cose: la prima comparse delle ragazze in uniforme (che imbarazzo mettersi quella brutta gonna pantalone, ma quanto era bella la camicia con tutti i distintivi); i Passaggi di inizio anno in cui i ragazzi ci hanno insegnato a cucinare alla trappeur; le domeniche mattine in affiancamento al Riparto Esploratori ad imparare le tecniche Scout (dalle legature per le costruzioni alle coordinate topografiche), e il conoscerci sempre di più per arrivare emozionate a quella domenica 3 febbraio 2002.

Quelle cinque iniziali ragazze erano diventate quattro dopo i primi mesi, e si sentivano rare e fortunate per quello che stavano vivendo.

Per questo il nostro Riparto Guide si chiama “Il Quadrifoglio”.

Metà di quella fortuna veniva dal forte e costante sostegno di una sezione maschile che aveva scelto di rivolgersi a persone del posto, a cui non è stato chiesto di allontanarsi o formarsi in un altro Gruppo Scout per poi tornare all’ovile. Lo stare vicino alla nostra sezione maschile ci ha fatto sentire sempre appoggiate e sorrette nei primi passi al femminile, ci ha fatto respirare un’atmosfera di condivisione e comunione fraterna, che ci ha permesso di diventare quello che vediamo oggi.

L’altra metà della fortuna veniva dalla ferma volontà di voler scoprire che il Guidismo, seppur con gli stessi principi e gli stessi valori, non era certo una copia dello scautismo al maschile ma semplicemente un’occasione per sviluppare la femminilità in quelle ragazze, per portarle poi a divenire delle Guide, delle Donne di Carattere per la società del domani.

Un altro nome va citato nel ricordare le origini rosa del nostro Gruppo: nella notte tra il 26 e il 27 ottobre 2002 nasceva il Fuoco Girasole con Paola Ruggeri come Capo Fuoco.

La stessa Paola che nel 2008 aprì il nostro Cerchio.

Ma questa è un’altra storia che potrete leggere nelle prossime pagine…

2002/2003 Daily Zelazko

Massimo Mattioli e Fabio Francesconi

Era da poco iniziato il XXI secolo… il Calcinelli 1° era pronto ad esplorare nuovi orizzonti e la passione che i capi misero nel proporre questa avventura ai ragazzi fu indiscutibilmente la chiave della riuscita! Il Riparto, con a capo Fabio Francesconi (il Big) aiutato da Francesco Brunori (Bruno) e Giovanni Cicoli (Cioffi) nell’estate del 2003 (2-11 agosto) parteciparono al raduno internazionale della Federazione dello Scoutismo Europeo chiamato Eurojamboree (o Eurojam per i più nostagici), un evento organizzato con una periodicità irregolare (circa ogni 10 anni) al quale tutti i membri delle varie associazioni nazionali sono chiamati a portare ragazzi e ragazze. Noi rispondemmo alla chiamata, facendo nostro lo spirito del motto scelto per l’evento: “duc in altum” ovvero “prendi il largo”. Abbiamo quindi scelto di intervistare il Big, rispolverando la vecchia foto che fece ad alcuni ragazzi proprio prima di salire sul “veicolo” che li condusse al campo.

Cosa hai pensato appena hai rivisto la foto? Ti ricordi dove e perché l’avevi scattata?

“Zaviercie” Polonia!! Piazzale della stazione, eravamo da poco arrivati al nostro primo EUROJAM! Incredibileeeee! In realtà si scrive Zawiercie e non ho la più pallida idea di come si pronunci ma per noi era semplicemente “Zavierce”. Ad ogni modo, non saprei da dove cominciare. Tantissimi ricordi, tantissime emozioni che descriverle in poche parole sarebbe quasi impossibile. Dico soltanto che se ci penso troppo mi potrebbe venire da piangere. Nostalgia, quella tanta. Nostalgia di un’esperienza magnifica, indimenticabile e a suo modo direi quasi irripetibile! Eravamo arrivati da poco alla stazione di questa cittadina polacca e da qui dovevamo raggiungere “Zelasko”, luogo del magico incontro. Ad aspettarci c’erano questi strani mezzi con le sembianze di pullman, molto anni ’50 e molto ma molto diversi da quelli che eravamo abituati a vedere dalle nostre parti. In realtà tutto intorno a noi era molto diverso dal solito, era come aver fatto un tuffo nel passato ma per noi era tutto eccitante, tutto assolutamente divertente! Forse con questa foto volevo immortalare proprio questo aspetto particolare. Nel rivedere i volti di quei ragazzini che a distanza di 15 anni sono uomini grandi e maturi, alcuni sposati, altri imprenditori e professionisti affermati non posso fare a meno di pensare che anche nel loro cuore, l’Eurojam resterà un’esperienza, un ricordo da custodire gelosamente…ora mi commuovo sul serio!

Si dice che il bello di un viaggio non sia la meta ma il percorso per raggiungerla… Perché avete deciso di partire? Raccontaci un aneddoto emblematico:

Direi che in questo caso di bello ci sia stato sia il viaggio che la meta! Frasi fatte a parte è stato tutto davvero entusiasmante a partire dalla preparazione iniziata ben 3 anni prima della partenza. Infatti, per la prima volta nella storia degli Eurojam, la selezione non era più solo e soltanto una mera questione numerica ma bensì una vera e propria conquista legata al merito. Mi spiegherò meglio. Nel corso del triennio che precedeva l’Eurojam le Squadriglie dovevano dimostrare di possedere quelle doti essenziali per poter vivere in maniera adeguata un’esperienza come quella di un campo internazionale, molto impegnativa sotto il profilo del campismo, dell’organizzazione della pattuglia, della capacità di adattamento etc. Tutto questo è stato fatto nella solita maniera…con l’avventura e con il gioco. Venne chiamata “Missione Orion”, come la costellazione…e già si capisce che si pensava in grande. Noi di Calcinelli eravamo un piccolo gruppetto che da pochi anni si stava affacciando timidamente alla vita associativa ma dovevamo dimostrare di essere in gamba, tanto quanto lo erano quei Gruppi storici del resto della nostra associazione…e i ragazzi lo hanno dimostrato e ci siamo guadagnati il diritto a partire. Da lì c’erano ancora tante cose da fare, preiscrizioni, iscrizioni, moduli, burocrazia, vaccini anti zecca killer e tantissime altre cose ma finalmente, il momento di partire è arrivato. Il viaggio, quello vero, quello che dopo 22 ore di treno ci ha portati fino in Polonia, è stato per me uno dei momenti più intensi ed oggi è uno dei ricordi più nitidi. Viaggiavamo su treni speciali, messi a disposizione della nostra associazione proprio per questo evento. Provate ad immaginare centinaia e centinaia di ragazzi da tutta Italia, carichi di entusiasmo, con un’unica meta, a bordo di questi vagoni che alla fine sembravano più simili ad un cargo bestiame che altro…un caos pazzesco, un’euforia tangibile, un viavai di fazzolettoni di ogni colore, su e giù per le carrozze, la curiosità mista ad un pizzico di cauta circospezione verso i ragazzi e le ragazze di altri Gruppi. Le facce fuori dai finestrini e le stazioni che passavano, i paesaggi che cambiavano piano piano. Intanto il sole scendeva, il ritmo incessante del treno che procedeva sui binari quasi ci cullava. L’euforia, dissipata dalla stanchezza e dalla notte che avanzava fece calare il silenzio più totale su tutto il treno. Cuccette chiuse, luci spente. A pensare a qualche ora prima sembrava surreale. In quei momenti, forse per la prima volta, ho realizzato quanta fiducia, i genitori dei nostri ragazzi avevano riposto in me e nello scoutismo. Forse per molti di loro non sarà stato così facile. Il peso della responsabilità era grande ma grande era anche la forza che ciò mi dava per sostenerlo. Il silenzio si è rotto quando al confine con l’Austria tutti i treni diretti all’Eurojam si sono fermati in stazione. Peggio dell’inferno scatenato dai gladiatori al segnale di Massimo Decimo Meridio. Inni di Mameli cantati a squarciagola all’unisono fra i due treni, urla da stadio nel cuore della notte…indescrivibile direi e per fortuna non avevamo ancora vinto i mondiali di Germania!! Ma di tutto il viaggio, alla storia saranno consegnate sicuramente tre cose: Il “Passaporten Kolletifen” urlato dalla polizia alla frontiera con la Repubblica Ceca; Giacomo Marinelli (Maro) che tenta di mediare con questi in un italiano forbito e scandito e Sebastiano Fraternale (Sebi) che da lontano gli urla “Marineeeeellliiii…” con quel tono di sospensione che molto velatamente faceva intuire l’esclamazione successiva “…lascia gì!!” (lascio a voi la traduzione e l’interpretazione). Raccontata così non ci sarebbe niente di divertente ma vi assicuro che in quell’istante si scatenò l’ilarità generale davanti a quei poveri poliziotti che ovviamente continuavano a non capire né Marinelli né il motivo per cui tutti ridevamo.

Questa è stata la prima volta che membri del nostro Gruppo hanno vissuto un’esperienza internazionale. Cosa ti è rimasto di questo scambio? Come pensi che i ragazzi lo ricordino?

Si, in assoluto la prima volta. Prima di una lunga serie oserei dire. L’Eurojamboree precedente si era svolto in Italia nel 1994 e noi non eravamo ancora un Gruppo “svezzato” diciamo. Anzi in quegl’anni, per una serie di motivi, non ce la passavamo proprio bene ma con un po’ di fatica siamo riusciti a cavarcela e a venirne fuori ancora più forti di quanto lo eravamo prima. Nel 2003 si può dire che eravamo maggiorenni. Il Calcinelli 1 stava crescendo ed eravamo pronti per mettere il naso fuori dal “confine” ed affrontare una sfida come quella dell’Eurojam. In senso assoluto penso che quella sia stata un’esperienza davvero straordinaria sotto il profilo della relazione e dell’incontro fra persone provenienti da paesi e culture diverse. L’integrazione non è cosa impossibile né d’altro canto, non è cosa scontata. Quei pochi giorni di campo hanno dimostrato che i ragazzi vogliono e sanno stare insieme, che le differenze ci sono e non vanno appiattite ma comprese, preservate e valorizzate. In tutto questo lo scoutismo si è confermato uno strumento efficace, un progetto concreto di integrazione pensata e costruita ogni giorno, dentro e fuori ognuno di noi. Detto ciò credo che i ragazzi in realtà ricorderanno molto meglio le legnate prese dai francesi durante le sfide a scalpo!! Ce le hanno date di santa ragione, bisogna ammetterlo, sul piano fisico ci hanno quasi schiacciato ma ce li siamo mangiati con l’arte della diplomazia e con la “cultura”. Infatti, come me, tutti ricorderanno il discorso e la traduzione in simultanea di un Giacomo Cicoli (Sacco) che allora non superava il metro di altezza. Ci fece rimanere tutti a bocca aperta, noi e loro. Questi ragazzoni francesi che sembravano dei trentenni tanto erano grossi, non poterono che applaudire e complimentarsi. Ne uscimmo acciaccati ma fieri e soddisfatti. Grande Sacco!

Nell’epoca di Masterchef e dei piatti di novelle cousine, si riscoprono sapori polacchi come il tonno “Tonka” la carne “Volovina” ed il succo “Tymbark”. Come hai affrontato, assieme al Riparto, questa triste pagina della storia culinaria?

Triste quanto divertente direi! Per dare l’idea di quello che poteva essere il cibo polacco vi dirò che in quei giorni avremmo pagato oro per una scatoletta di “Simmental” …non so se rendo? Per fortuna i ragazzi, quasi tutti, presero la cosa con molta filosofia e non fu difficile superare quei “brutti” momenti. Questi cibi divennero presto dei veri e propri simboli di quella esperienza. Se devo essere preciso hai dimenticato di citare i biscottini “petit beurre” e quella specie di prosciutto cotto che nella sua confezione originale somigliava più ad un ferro da stiro che ad un pezzo di carne. Ovviamente ci organizzammo con qualche scorta extra di buon cibo italiano e questo alleviò un po’ le nostre sofferenze alimentari. Emblematico fu lo scambio con i polacchi detto “convivium”. In sostanza noi dovevamo cucinare per loro e loro per noi, Fu’ la prima volta che la cambusa ci passava della carne “vera”. Delle coscette di pollo che cucinammo con tanta cura e tanto amore. Al solo pensiero di dover cedere questo pasto ci piangeva il cuore ma a rendere la situazione ancor più tragicomica fu il cibo che i polacchi offrirono a noi. Non chiedermi cosa fosse perché dopo 15 anni ancora rimane un mistero. Nonostante tutto superammo anche questa con “nonchalance” e la serata si chiuse fra l’ilarità con l’immancabile “gara di rutti”. Del resto, bisognava parlare un linguaggio comprensibile a tutti. Inutile dire che vincemmo noi!

Siete rientrati come degli eroi dopo la guerra. Qual è il ricordo più significativo? Quello più spiacevole? Quello più divertente?

Per citare De Andrè “Alla stazione c’erano tutti con gli occhi rossi e il cappello in mano…C’era un cartello giallo con una scritta nera”. Ora non ricordo se il cartello fosse giallo e la scritta nera ma sta di fatto che il cartello c’era davvero. Più corretto dire uno striscione di “bentornati”. Oltre ai genitori ed alcune ragazze del Gruppo, c’era il vecchio Ricca venuto ad accogliere quei ragazzi che aveva cresciuto e che ormai si erano fatti grandi e capaci di “camminare con le proprie gambe”. Non posso non citarlo!! Il ricordo più significativo è senza dubbio la consapevolezza di aver vissuto un’esperienza di scoutismo allo stato “puro”. Partire con lo stretto necessario per campeggiare a migliaia di chilometri da casa, senza alcun confort, fidando solo su te stesso e sui tuoi compagni di avventura. Eravamo lontani dagli amici e dalle famiglie ma con la tempra dei boscaioli di montagna più vissuti ricavammo i pali dal bosco per costruirci un angolino tutto nostro, con tutto il necessario, persino un angolo fuoco con tanto di schienali, “per non farci mancare nulla”: quello venne ridefinito “il recinto delle galline”. Ci fu grande complicità e unione fra capi e ragazzi e grazie a questo non mancò mai il buon umore per superare anche le piccole difficoltà. Fu davvero molto ma molto formativa sia per noi capi che per i ragazzi. Il ricordo più spiacevole, se così vogliamo definirlo, per me furono i “SEBACH” ovvero i cessi chimici frequentati ogni giorno da centinaia di ragazzi. Per quanto si sforzassero di pulirli quasi ogni giorno potete immaginarvi che cosa potevano essere quei cabinotti di plastica, sotto il sole d’estate. Oltretutto si trovavano a centinaia di metri dal nostro angolo…se tanto tanto avevi un’urgenza era ancora una volta il bosco a “venirti incontro”. Inutile dire che anche questa cosa fu motivo di tante risate!! Sul ricordo più divertente avrei davvero l’imbarazzo della scelta. Fu tutto assolutamente divertente!! Il viaggio, la vita da campo, gli scambi con le Squadriglie delle altre nazioni, le cerimonie con l’ammiraglio che dirigeva la fila, i capi bivacco, il mio quasi omicidio dell’assistente generale, le semplici cose come la cambusa al mattino, la cucina sui fornelli da campo dove sempre Sacco si procurò un’ustione di 15° grado…a suo modo anche quello fu divertente se ripenso alla frase del dottorino di campo che gli disse “forse ti rimarrà il segno ma non preoccuparti tanto tu non farai mai il modello”. In effetti oggi Sacco ha intrapreso la carriera di commercialista ma avrebbe avuto tutte le caratteristiche per fare davvero il modello ahahaha!! Tantissimi aneddoti che a raccontarli ci vorrebbe davvero una “vita”. In ogni caso un’esperienza che da Capo e da squadrigliere capita una sola volta nella vita e per tutti noi, mi sento di poter dire che fu straordinaria.

Grazie Fabio per la condivisione di questi ricordi genuini e senza tempo: chi c’è stato penso che vorrebbe tornarci e chi non ne ha avuto l’opportunità, potrà certamente sognare con gli occhi di chi ha veramente vissuto “la vita come un’avventura”.

2003/2004 L’avanzata della giungla

Nicolò Pompili

Settembre 2003. Non era ancora svanito l’eco dell’Eurojamboree polacco che già i giovani capi di Calcinelli stavano organizzando il futuro anno associativo. La recente apertura della sezione femminile e la contestuale crescita del numero di Rover e Capi della sezione maschile fecero maturare la convinzione che i tempi erano oramai maturi per l’apertura del Branco dei Lupetti (Bambini dagli 8 agli 11 anni). E così venne proposto a me di ricoprire il ruolo di Akela, insieme a Riccardo Rossi e Nicola Biagiotti di iniziare a percorrere questa pista. Il percorso di avvicinamento prevedeva qualche mese di servizio nel Branco Waingunga del Gruppo Fano 1°, oltre alla partecipazione ai vari appuntamenti di formazione che la Regione Marche e la pattuglia nazionale avrebbero offerto.

…e così arrivò il fatidico 16 maggio 2004, data di inizio delle attività.

Una bella caccia al tesoro fece trovare ai nuovi Lupetti i loro Vecchi Lupi; si costituì il Branco con le prime sestiglie (Neri, Grigi e Pezzati), i primi canti, i primi giochi, i primi racconti, i primi “Lupi, lupi lupi…”.

Le attività proseguirono per quattro domeniche, nelle quali vennero gettate le basi del nuovo Branco. A settembre 2004 iniziò poi il primo anno associativo a tutti gli effetti… una Pista fatta di mille volti che ci ha condotto fino a qua!!

2004/2005 Siamo venuti qui per lodarti

Massimo Mattioli

La Giornata Mondiale della Gioventù, o semplicemente GMG, nella sua modalità internazionale è un evento nato dalla volontà di Papa Giovanni Paolo II, che a cadenza triennale riunisce in preghiera ragazzi e ragazze cattolici che vogliono vivere “da giovani” la propria fede (esiste anche la GMG diocesana che si svolge invece ogni anno). È facile capire come si possa respirare un clima di fratellanza e di festa (ogni anno vi partecipano centinaia di migliaia di giovani), mentre è difficile spiegare a parole il perché vivere questa esperienza possa far arrivare meglio nel cuore di un ventenne il messaggio cristiano, ma è proprio quello che è accaduto al Clan Nettuno, nel 2005 a Colonia. Al fine di rendere “meno intangibile” questa emozione, iniziamo il viaggio a ritroso tramite le parole che Federico Grilli (Fix), l’allora Capo Pattuglia Novizi, scrisse appena tornato a casa, stanco dal viaggio ma completamente rinvigorito nello spirito.

“Ecco il racconto di un’altra avventura del Clan Nettuno. In un caldo e afoso pomeriggio d’estate, precisamente il 13 agosto 2005, undici baldi giovani (Lorenzo Bruscoli [Lollo], Giacomo Giovanelli [Giova], Giacomo Marinelli [Maro], Alessandro Cicoli [Ale], Riccardo Rossi [Rikka], Alessandro Berloni [Berlo], Francesco Cicoli [Franci], Massimo Mattioli [Mattio], Daniele Delvecchio [Dany], Nicola Biagiotti [Biagio], Fix) si sono dati appuntamento alla ormai storica stazione di Fano, pronti per partire alla volta di Colonia, in Germania. Dopo esserci uniti al Clan e al Fuoco di Fano, ci siamo imbarcati sul treno che ci avrebbe portato a Bologna, poi coincidenza per Milano e quindi Colonia. Nel viaggio di andata ci siamo uniti al resto del contingente Scout italiano, un totale di 224 persone tra Rover, Scolte, RS e Capi.  Durante la notte, il viaggio in treno è stato tranquillo e abbiamo avuto modo di conoscere Fabio Sammacal, che si ricorderà in particolare di un piccolo scherzetto fatto dal nostro Berlo”. Il compito di descrivere le attività a cui il Clan partecipò (spirituali e non), la lasciamo alle foto, pur sapendo che sarà riduttivo ed incompleto, ma senza ombra di dubbio, la frase che meglio di ogni altra riassume questa esperienza è: “In conclusione, mi sento di scrivere che: il Clan Nettuno c’è stato e ha trasmesso passione a 360 gradi”.

Sfogliando le foto con Giova, l’allora Capo Clan, è saltata all’occhio quella con la “piramide umana”, che creammo coinvolgendo uno dei Fuochi conosciuti a Colonia, ovvero quello di Ragusa 4°; lui stesso immortalò quel momento ed oggi, vedendola rispolverata dall’archivio, ci vuole raccontare cosa lo spinse a proporre una attività così nuova, ad un gruppo di scapestrati ventenni.

“Strada, Comunità, Servizio, il tutto legato dalla Fede: questi sono i 3+1 pilastri del Clan che costituiscono il Treppiede del Rover. Di Strada ne avevamo già fatta tanta: Monte Civetta, Vipiteno durante i campi mobili estivi, discese in grotta, arrampicate e tante altre uscite all’insegna dell’avventura. Come Comunità di Clan eravamo una grande gruppo variegato ma affiatato e con tanta voglia di “imparare facendo”. Per il Servizio avevamo partecipato all’EuroJam in Polonia come Clan di servizio e avevamo già diversi Rover che svolgevano all’interno delle unità un aiuto importante. Sicuramente invece, avevamo qualche “dubbio” in più per quanto riguarda il legaccio della spiritualità, quindi abbiamo deciso di diventare Pellegrini nella Fede partecipando alla GMG a Colonia in Germania! Questa opportunità si è concretizzata grazie anche alla nostra Associazione che ha composto un contingente italiano FSE, dandoci la possibilità di aderire all’evento preservando la nostra metodologia Scout, ma allo stesso tempo ci ha permesso di aprirci a modi differenti per vivere la spiritualità. Una spiritualità fatta da giovani, con le loro stravaganze, il loro dinamismo e le “diversità che hanno fanno la differenza”: questo è stato il vero, grande insegnamento di questa GMG. Parlare, confrontarci, momenti di festa alternati a momenti di deserto personale, lo stare insieme in modo cristiano con altri ragazzi e ragazze nostri coetanei, tutto questo ci ha permesso di vivere questa nuova e particolare esperienza, con felicità e vitalità: per questo posso affermare che abbiamo imparato a “Pregare con Fede”. La foto con la piramide è stata fatta quasi al termine della GMG, prima della grande Veglia e l’ho scelta perché sintetizza cosa e come abbiamo vissuto questa tipo esperienza: la base è formata dalla Comunità, con la sua gioia e allegria mentre il blocco centrale era il Servizio, donarsi e aprirsi agli altri senza pretese. Se saliamo ancora di un gradino troviamo la Strada, che identifica le difficoltà, la fatica, ma anche la volontà di raggiungere una propria meta personale contornata da tutte le bellezze che si vedono e si incontrano durante il proprio cammino. Nel punto più alto c’è sicuramente Lui, la nostra Guida che ci accompagna, ci ispira, CI SOLLEVA”.

La potenza di uno scatto fotografico si vede dalle emozioni che provoca, ma nel caso in cui l’osservatore sia anche parte del soggetto, queste prendono il nome di ricordi. In effetti, molti ricordi sono venuti alla mente anche a Berlo, che allora era sicuramente il Rover più “burlone” del gruppo ed anche uno dei temerari della GMG 2005, che ha voluto commentare a suo modo la celebre foto della piramide:

“Abbiamo vissuto un altro tipo di scoutismo, diverso da quello con fatica, zaino in spalla ed un po’ di solitudine… anzi, era l’esatto opposto. Infatti, campeggiavamo in un vero campo da rugby! L’apice del gran “mix di sentimenti” che si respirava a Colonia, lo abbiamo raggiunto alla giornata conclusiva vissuta alla spianata, partendo dalla veglia sotto la pioggia fino all’arrivo di papa Benedetto XVI, dopo il quale partirono dei cori di tipo “Benedicto! Benedicto!”. Il ricordo di quei giorni è veramente molto bello… noi eravamo un Clan molto attivo, che si adattava facilmente e così facendo abbiamo vissuto fino in fondo questa opportunità. Ci siamo aperti moltissimo e mi ricordo bene la conoscenza che facemmo con le ragazze che erano con noi nella foto, del Fuoco di Ragusa (e non solo con loro). Un’altra cosa di cui mi ricordo erano le condizioni disastrose in cui versavano le nostre tende, soprattutto quella di Dani e di Mattio: tortellini nei sacchi a pelo poi asciugati con giornali… ma queste cose possono capitare! Io e Rikka eravamo proprio di fronte e non eravamo da meno! Un ricordo quasi spiacevole, ma che per dover di cronaca devo riportare, è quello che mi torna alla mente ripensando ai volontari tedeschi che cuocevano il nostro pranzo con il termometro in immersione… una vera tragedia gastronomica ed intestinale! Comunque è stata una bellissima esperienza alla quale spero che il Clan, composto da nuovi ragazzi carichi e senza pregiudizi, possa partecipare nuovamente, per riportare a casa tutto l’entusiasmo contagioso che abbiamo riportato noi!”

2005/2006 Fratelli nell’avventura: trent’anni di FSE

Massimo Mattioli

“L’Associazione Italiana Guide e Scouts d’Europa Cattolici (della Federazione dello Scautismo Europeo – FSE) si è costituita in Roma nel 1976. Scopo dell’Associazione la formazione religiosa, morale e civica dei giovani, attraverso l’utilizzazione del metodo autentico e nello spirito del Movimento Scout, ideato e realizzato dal fondatore dello scautismo Lord Baden Powell, nella tradizione dello scautismo cattolico italiano”.

Queste due semplici frasi rappresentano il distillato della nostra missione, senza perifrasi o superflue locuzioni, ma che giorno dopo giorno muovono i volontari che ne fanno parte. Nel 2006, l’associazione compieva 30 anni e per festeggiare questo traguardo tutt’altro che scontato vennero intraprese numerose iniziative, che si svolsero prevalentemente nei Distretti e nelle Regioni, che rappresentano le unità organizzative locali dell’associazione, nella quale confluiscono più Gruppi di diverse città. Ed è proprio per questo che non possiamo non raccontare della meravigliosa Caccia di Primavera che si svolse a Ripe, nell’entroterra anconetano e che rimane solo nei cuori di chi l’ha vissuta, ma per una volta questo non è un modo di dire: infatti dal 2014 il comune di Ripe non esiste più perché ora si chiama Trecastelli! A parte la geopolitica, ci affidiamo alla memoria di colui che guidò il Branco Alte Rupi a “cacciare in queste terre poco battute ma cariche di selvaggina”, ovvero Giovanni Cicoli (Cioffi) il primo Akela della storia di Calcinelli, colui senza il quale non avremmo mai potuto dare l’opportunità a tanti piccoli cuccioli d’uomo di conoscere ed amare lo scoutismo.

“Fu una giornata bellissima… per il nostro giovane Branco si trattava della prima volta che partecipavamo ad un evento così grande insieme a tutti gli Scout delle Marche. Ricordo ancora l’emozione dei ragazzi quando nelle settimane precedenti avevamo lanciato questa caccia! Sono certo di non sbagliarmi affermando che dalla foto, oltre a due lupi agguerriti che corrono in una staffetta, si possa intravedere il divertimento nonché la voglia di giocare insieme a tanti altri Lupetti, come non avevamo mai fatto noi di Calcinelli. Ricordo che Esploratori, Guide, Rover e Scolte erano laggiù dal sabato sera, mentre noi eravamo partiti in corriera la domenica mattina… Verso l’ora di pranzo aveva fatto anche qualche goccia di pioggia e così, senza troppi convenevoli ci avevano lasciato montati i sopra teli delle tende ed avevamo mangiato lì dentro. Poi la messa nel pomeriggio, dove ci aveva raggiunto anche don Peppe a concelebrare. Adesso che ci ripenso, quel giorno con noi c’era anche Rupert, un seminarista agostiniano, di origini austriache, che era nella parrocchia di Cartoceto in quel periodo: era stato Scout e così lo avevamo invitato a partecipare! Giusto per concludere in bellezza e per dover di cronaca, tengo a sottolineare con un certo vanto che eravamo tornati a casa anche con l’ambitissimo premio stile!”

2006/2007 Una strada europea

Nicola Rivelli

In treno il tempo scorre lento al contrario del paesaggio che sfila di fuori, oltre il finestrino. In treno è pieno di momenti per annoiarsi, per chiacchierare, sbadigliare, riposare, per scherzare, ridere, starnutire, piangere, raccontare. Questa è una di quelle storie che comincia proprio dal vagone di un treno, ma non di uno qualunque: si parla di un treno particolare, o meglio, di uno dei tanti convogli provenienti da tutta Europa e diretti verso la Slovacchia, precisamente a Spišská Nová Ves, durante l’estate del 2007. Gli anziani della piccola cittadina non si aspettavano affatto un’invasione da parte di migliaia di Scout provenienti da ogni angolo del vecchio mondo: ragazzi spagnoli, polacchi, italiani, tedeschi, canadesi (si anche loro fanno parte dello scautismo europeo), portoghesi, francesi, belgi, pronti a vivere una bella avventura tutti insieme sulle pendici dei monti Tatra per una decina di giorni. L’apertura del campo fu affollata, piena di quell’entusiasmo che si respira al sorgere delle belle giornate d’agosto. Il santuario di Levoča si trovava in cima ad una collina, le cui pendici erano letteralmente puntinate di bandieruole e fazzolettoni. Era la prima volta che si organizzava un evento del genere all’interno dell’associazione dello Scautismo Europeo FSE. L’Euromoot sarebbe stato un campo itinerante, un vero e proprio campo mobile estivo, partecipato da migliaia di ragazzi provenienti da tutta Europa. Logisticamente parlando lo sforzo organizzativo fu davvero maestoso: diversi percorsi che si inerpicavano sui monti Tatra, al confine tra Repubblica slovacca e Polonia, furono studiati ad hoc e suddivisi secondo precisi criteri di durata e difficoltà.

Non senza qualche intoppo, le tappe del percorso scelto si susseguirono l’una dopo l’altra attraverso le campagne selvagge tra le colline dei piccoli Tatra. Gli abitanti dei villaggi lungo il cammino salutavano festosi il passaggio degli Scout e le misurate chiese di legno intagliato accoglievano le preghiere dei ragazzi al termine della giornata. Risuonavano con piacere le risate al fuoco serale con i fratelli delle altre nazioni. La serenità nella condivisione del cammino, la semplicità dell’accoglienza, la campagna intatta, curata con quell’umiltà che contraddistingue le cose belle che non passeranno mai, rimanevano ben impresse nella mente. Un’esperienza intensa giorno per giorno fino all’ultima méta del santuario di Częstochowa in Polonia, raggiunto in notturna dopo diciassette chilometri di cammino e fatica dalla fortezza diroccata di Olsztyn. Da lì sarebbe ripartito il giorno seguente un altro treno, questa volta verso la via del ritorno.

Ecco che da qualche parte smarriti tra le Alpi, pareva di scorgere dei nottambuli vagare nel corridoio tra le carrozze. Alcuni guardavano la luna brillare oltre il vetro, tra le cime ancora innevate nonostante l’estate matura.

Di nuovo un treno carico di storie da raccontare a qualcuno, in un futuro prossimo, zuppo di bei ricordi.

2007/2008 Splende una nuova lanterna

Ilaria Sperandio

Il 12 aprile 2008 segna la nascita del Cerchio “Lanterna Splendente”, data storica che porteremo sempre nel cuore. La grande richiesta da parte di bambine e la risposta del servizio che è sempre pronta nella Capo, ci ha chiamato a rispondere con il nostro “Eccomi” a questa nuova ed emozionante avventura.

In tutti questi anni volando e passando per il sentiero del prato, del bosco e della montagna, in compagnia di tanti animali, fiori e piante, il Cerchio ha imparato a volare sempre più in alto, donando agli altri la gioia di essere Coccinelle. L’ambiente bosco e l’esempio di San Francesco hanno avvicinato le Coccinelle alla natura, offrendo loro la possibilità di scoprirne i segreti, le bellezze e gli insegnamenti.

L’affetto reciproco, la prontezza ed il desiderio di aiutarsi, il sentirsi unite sono gli elementi che rendono l’atmosfera del Cerchio così entusiasmante per chi vi entra per la prima volta: una grande Famiglia Felice dove regna la gioia.

2008/2009 Rendere servizio

Francesco Brunori e Laura Bruscoli

La notte del 6 aprile 2009 la terra trema intorno a L’Aquila e le conseguenze sono drammatiche. Volontari di Protezione Civile accorrono da tutte le parti d’Italia, un gran numero di Militari e Vigili del Fuoco vengono mobilitati per far fronte ad una grandissima emergenza. La nostra Associazione, nel suo piccolo, fa la sua parte e il Gruppo di Calcinelli non si tira indietro.  Nei primissimi giorni dopo il sisma, quattro RS del nostro Gruppo partono alla volta di Montesilvano su richiesta dei Gruppi Scout locali: la notte del sisma decine di pullman hanno portato moltissimi aquilani, rimasti senza una casa, verso le coste, perché fossero ospitati negli alberghi e in altre strutture ricettive. Il nostro piccolo servizio è stato quello di passare del tempo con i bambini e con gli anziani che soggiornavano negli alberghi. Ascoltare gli anziani nei racconti delle storie di quella notte, giocare con i bambini che si raccoglievano nella hall dell’albergo. Un piccolo servizio, durato solo pochissimi giorni (dal 16 al 19 aprile) ma un’esperienza che ci ha profondamente segnato. Poche settimane dopo, la nostra associazione apre un campo a Villa Sant’Angelo (AQ) (spostato in seguito a San Pio delle Camere): Direzioni di Gruppo, singoli Capi, Clan e Fuochi di tutta Italia si susseguono in turni e, durante la loro permanenza, si spendono per essere utili: assistenza a bambini ed anziani nelle tendopoli e assistenza logistica alla Protezione Civile.

Il Clan Nettuno decide di dare la disponibilità per una settimana di campo di servizio e rimarrà in terra aquilana dal 13 al 19 agosto. Nei primi giorni di quella settimana ci chiedono di aiutare la Protezione Civile a pubblicizzare alcuni eventi di intrattenimento che erano stati organizzati. Abbiamo così percorso moltissimi chilometri per visitare gran parte delle tendopoli e distribuire volantini degli spettacoli di Benigni, Verdone e altri. Nella seconda parte della nostra settimana prestiamo servizio nelle tendopoli di San Pio delle Camere e Prata d’Ansidonia, giocando con i bambini, chiacchierando con gli anziani e vivendo con loro la terribile quotidianità della tendopoli.

La nostra Associazione si spende verso le zone colpite dal sisma cercando di “garantire” quanto più possibile le attività Scout dei Gruppi che si sono ritrovati senza le loro sedi, oltre che sfollati sulla costa. Perciò l’appello che ci ha fatto è stato: “Chi può ospitare un Riparto durante il suo campo estivo?”. Il nostro Riparto Guide, sotto l’ala protettiva di Don Giuseppe “Peppe” Monaco, ha accettato la richiesta e in appena tre mesi ha organizzato a distanza un campo estivo per ben sei Squadriglie: Leopardi, Pantere e Aquile di Calcinelli; Daini di Orciano; e Cobra e Tigri di L’Aquila 1.

La preparazione è stata principalmente materiale (il nostro Gruppo si sarebbe occupato di portare i pali per le costruzioni, i bidoni jamboree per cucinare, e acquistare cibo per tutti), economica (le Guide hanno fatto attività di autofinanziamento per poter acquistare il sopradetto materiale, e non far pagare alcune quota di partecipazione alle ragazze de L’Aquila) e organizzativa (Capo Riparto inesperte che hanno collaborato a distanza cercando di far collimare programmi e obiettivi). Il lavoro è stato tanto ma il cuore puntava a fare qualcosa di buono per queste ragazze, che ci hanno fatto il dono di condividere con noi un’esperienza unica come il campo estivo.

Eravamo talmente rimasti toccati dalla realtà del terremoto che avevamo vissuto con le nostre esperienze di servizio, che abbiamo deciso di fare un ulteriore gesto di fraternità: dopo le attività estive, con Don Peppe, ci rechiamo a L’Aquila a donare delle nuove uniformi per i ragazzi e le ragazze del Gruppo L’Aquila 1. Siamo così partiti con un pulmino da nove posti carico di uniformi, che sono state ben accette dalla Direzione di Gruppo aquilana. Siamo stati accolti nei locali parrocchiali e, successivamente, accompagnati con tanta commozione nella zona rossa del centro storico della città. Anche prendere un caffè è stato difficile: il terremoto aveva lasciato pochi bar aperti, tanti cani randagi e un silenzio innaturale.

Tutto ciò è stato reso possibile grazie alla chiamata al servizio che la nostra Associazione ci ha fatto e al grande sostegno che la comunità di Calcinelli, tramite Don Peppe, ha dato al nostro Gruppo.

2009/2010 Guide per un giorno

Laura Bruscoli e Elena Battisti

Durante il mio primo anno da Capo Riparto, la maggior difficoltà incontrata era stata quella di collaborare, come avrei voluto, con le famiglie. Negli anni da Scolta, i miei genitori avevano colto ogni occasione per partecipare alle attività Scout e mi ero sentita capita e sostenuta nelle “stranezze” che facevamo. Da Capo Riparto avrei voluto che le Guide sentissero lo stesso sostegno.

Dal momento che lo scautismo si affianca alle famiglie nella missione educativa, riuscire a condividere e spiegare ai genitori quello che facevamo vivere alle loro figlie, divenne per me uno degli obiettivi dell’anno. Non ho la pretesa di esserci riuscita, ma sicuramente alcune delle mamme che hanno partecipato alle uscite annuali appositamente per loro organizzate, il perché dell’acre odore di fumo al rientro da ogni uscita … lo hanno capito!

Quindi, oltre alle assodate attività di Riparto rivolte alle famiglie, come il classico pranzo autunnale dei genitori a Cartoceto, preparato dalle mamme; e le riunioni programmate per i genitori in occasione dei campi, abbiamo preso l’abitudine di condividere il programma dell’anno con la nostra Rappresentante dei genitori (che non ha mai mancato di ospitarci per la consueta cena di Riparto), che in quanto “genitore” aveva la sensibilità per capire i dubbi e le paure che questo mondo Scout poteva presentare a chi ancora non ci conosceva.

Da tutto questo è scaturita l’uscita “mamme”: la prima è nata così, un po’ per gioco e un po’ per desiderio di quella Direzione di Riparto, che voleva tanto ridere anche con quelle donne che gli avevano affidato le loro ragazze.

Così dopo la Messa domenicale in Parrocchia, siamo andate a Tavernelle lungo il fiume Metauro. Tra un gioco per rompere il ghiaccio e per conoscerci meglio, una passeggiata, una chiacchierata incentrata sul Metodo Guide, e un pranzo preparato alla trappeur, ha avuto luogo, il 18 giugno 2010, la prima uscita mamme.

Noi genitori di solito, siamo abituati ad affiancare i nostri figli, nella preparazione dello zaino alla vigilia di un’uscita o di un campo ma non abbiamo mai condiviso questa loro esperienza di vita. Come trascorrono le giornate, cosa provano?

Per soddisfare queste curiosità, ecco che nel 2010, un gruppo di mamme ha accettato la sfida di Lalli, partecipando alla prima uscita delle mamme del Riparto Guide di Calcinelli.

Domenica 18/06/2010, dopo la messa del primo mattino, zaino in spalla e piene di entusiasmo ci siamo ritrovate a Tavernelle in prossimità del corso del fiume Metauro per iniziare il nostro cammino. Lungo il sentiero immerso nella vegetazione, abbiamo alternato momenti di gioco e confronto personale.

Il tutto per conoscerci meglio fra noi ed approfondire alcune terminologie dei vari Gruppi Scout, così da assaporare anche se per poco l’esperienza delle nostre ragazze. Al termine della camminata ci siamo fermate sul margine del fiume, dove era previsto il fatidico pranzo alla “trappeur”.

Avevamo sempre sentito parlare di questo, ma non avevamo mai provato di persona le difficoltà per attuarlo. Abituate alle nostre comode cucine attrezzate di tutto, abbiamo dovuto fare i conti con il nulla, prima difficoltà, trovare la legna, un posto sicuro per accendere il fuoco, naturalmente senza fiammiferi, fare gli spiedini con i rami di albero appositamente appuntiti con il coltellino, agevolate da un forte vento che ci ha accompagnato per l’intera giornata. La mia partecipazione alle uscite delle mamme è continuata anche nel 2012 in località Arcevia, dove abbiamo trascorso due giorni insieme.

Ripensando a quei momenti, riaffiorano nella mia mente tanti ricordi gioiosi, ho vissuto un’esperienza di condivisione, mi sono messa in gioco, ho sorriso spensieratamente e condiviso momenti faticosi, ma vi posso assicurare che hanno lasciato nel mio cuore una traccia indelebile, quell’avventura mi aveva proprio arricchita, ho avuto l’occasione di provare un piccolo assaggio di quello che provano e svolgono le ragazze durante le loro uscite.