2010/2011 La squadriglia Pantere all’uscita del “secolo”

Jessica Sani, interviste: Alice Grilli e Rosio Iacucci

PROLOGO E ANTEFATTI

Cento anni sulle spalle, cento anni è il peso dello zaino che ci portiamo dietro. Per i meno amanti della storia, è doveroso ricordare che Agnese, sorella di B.P. diede vita al movimento delle Girl Scouts (poi Guide) nel 1910, opera poi proseguita da Olave, moglie di B.P., che divenne Capo delle Guide del mondo.

E 101 anni dopo arriviamo a noi, Scout di oggi che ci ritroviamo nel 2011 a festeggiare questo grande traguardo!

Aumentiamo lo zoom, e 101 anni dopo arriviamo ad una piccola ma grande Squadriglia “Pantere” del Riparto “Il Quadrifoglio” che in questo anno ha l’onore di partecipare all’evento organizzato dalla Pattuglia Nazionale: un campetto di 3 giorni alla Base Brownsea dove partecipano tutte le Guide d’Italia!

Prima di questo evento, ricordiamo anche la missione lanciata alle Squadriglie d’Italia in occasione di questo centenario: ogni Squadriglia doveva documentarsi sul passato della propria Squadriglia e del proprio Riparto; ricordo che la missione ci richiedeva di fare una foto con TUTTE le Capo della nostra Squadriglia, di conoscere la storia della fondazione del nostro Riparto e le varie Capo Riparto. In preparazione a questa missione venne la Maru ad una riunione di Riparto, anzi pardon, venne la Regina Foglia di Quadrifoglio, a raccontarci il perché ci chiamiamo “Il Quadrifoglio”, chi lo fondò, come, quando. La cosa più bella fu che tutti i lavori di tutte le Squadriglie di tutti i Riparti furono raccolti in un unico book e regalati ad ogni Riparto. Pensate che cosi tutte abbiamo nella nostra sede la storia del Guidismo d’Italia come se fosse ‘autografata’ dalle Squadriglie che la vivono ogni giorno!

IL CAMPETTO DI SORIANO

Introduzione e arrivo

Ricordo che la situazione si stava mettendo male per questo campetto, nel nostro Riparto c’erano tantissime assenti, e si rischiava di non andare.

Solo la mia Squadriglia (C. SQ. Jessica Sani, Alice Grilli, Rosio Iacucci, Sofia Ceramicoli e Ottavia Vagnini) riuscì a partecipare al campetto, purtroppo le altre a causa del basso numero di partecipanti non sono venute.

“Io mi ricordo che la Lalli aveva noleggiato un pulmino da 9 posti” dice la Ro, ed infatti è così che siamo giunte a Viterbo, e prese da grande euforia, durante il viaggio abbiamo ben pensato di comporre un canto di Squadriglia! Lo spirito era quello giusto: la Squadriglia in trasferta, l’esigenza di avere qualcosa che ci rendesse unite di fronte a tutte le altre. La nostra canzone si intitolava “Starlight” … chi è? Il nostro Guidone.

La Base…beh, per tutte era la prima visita alla Base Nazionale! Questo era forse l’emozione più grande…non so che cosa mi immaginassi con “Base Nazionale” …wow.

Ricordo che al “siamo arrivate, è questa”, l’immagine della base che avevo davanti fu un prato secco e un portale che sembra un po’ abbandonato in mezzo al nulla, e quindi la prima impressione fu…distorta. Non le rendeva giustizia.

C’era un baldacchino tipo quelli delle sagre della polenta per registrarsi e dichiarare la propria identità e qui la Lalli, mentre faceva questa cosa, ci chiese da lontano: Jessiiiiii, dì un sì!!

E io: a cosa??

Lei: tranquilla tu dimmi sì!

Ebbene, avevamo appena “acconsentito” ad avere insieme a noi la Squadriglia di Guide spagnole che era stata invitata come ospite a questo campo! Los lobos: erano la Squadriglia Lupi! I problemi si presentarono già nei primi minuti, ma i problemi seri arrivarono col passare dei giorni. Questa Squadriglia avrebbe dovuto passare con noi il momento dei pasti, condividendo cibo e preparazione, ma le care Guide si presentavano solo quando il cibo era praticamente pronto, come se fossimo un take-away!!

Ma sono molto democratica e chiedo anche cosa si ricorda Ali Grilli:” Ricordo che c’erano tantissime Squadriglie italiane e una spagnola che avevano affidato a noi. Con “affidare” intendo che loro venivano, si riempivano il piatto con il nostro cibo condito di impegno e sudore, e se ne andavano a mangiarlo nel loro angolo ripetendo la parola ‘rapido-rapido!!’”

Le attività e l’organizzazione

Il campetto durava tre giorni, durante i quali c’erano alcuni appuntamenti fissi ed altre attività invece erano facoltative, come se fossero dei laboratori ad iscrizioni. Ricordo che avevo scelto per la mia Squadriglia di fare un’attività di pionieristica, che odiavo profondamente, però visto che andavamo avevo pensato che fosse una buona occasione per imparare qualcosa di approfondito e da persone che non erano la nostra staff. In un altro pomeriggio abbiamo scelto il laboratorio di abilità manuale e abbiamo costruito una sorta di mongolfiera.

Gli appuntamenti fissi oltre ovviamente all’Issabandiera, erano la veglia serale: interessantissima perché presentata con una tecnica per noi nuova, si tratta di un mimo sincronizzato, vestite di nero, con un lettore esterno. Una sorta di quadro non statico! Altro appuntamento fisso fu una fantastica FESTA DI COMPLEANNO CON 100 CANDELINE! Durante la preparazione della cena l’ultima sera avevamo anche l’incarico di fare un dolce con oro saiwa e crema al cioccolato, che seppur cucinato in precarie condizioni igieniche era una prelibatezza, forse il segreto è che quel dolce era condito di spirito ed entusiasmo, di gioia, di emozioni! Quella serata fu memorabile, eravamo tutte nel salone all’interno a cantare a squarciagola i canti della tradizione che tutte conosciamo e poi ogni Squadriglia portò sul palco il proprio dolce, vennero messe 100 candeline e tutte insieme le soffiammo!

Aneddoti in esclusiva

Le esperienze più belle si sa che sono quelle in cui ci sono disagi e dis-Avventure, che poi restano nella memoria…ma lascio la parola ad Ali Grilli:

Ali Grilli: “(..) Un altro ricordo che ho del centenario è quando io e la mia Capo Squadriglia siamo andate alla ricerca di nuove Squadriglie con cui fare amicizia. Era quasi l’ora di pranzo e quindi dovevamo anche ottimizzare il tempo per raccogliere un po’ di legna e accendere il fuoco. Ci siamo dunque dirette verso una Squadriglia lì vicino. Erano accasciate sotto l’ombra di un albero quasi morente.

– “Ehi ciao!” Avevamo iniziato io e la Je. Loro si erano girate di malavoglia…penso proprio che le stessimo disturbando, ma noi eravamo troppo gasate di conoscere qualcuno di nuovo. Scoprimmo che anche loro erano una Squadriglia di Pantere, il che faceva noi ancora più felici e impressionate che esistessero altre pantere in questo mondo. Il discorso però durò pochi secondi purtroppo…La mia Capo avrebbe già voluto lasciar perdere, MA IO NO! Non potevamo perdere quell’occasione, così mi venne una fantastica idea. Gli chiesi, forse urlando e sembrando un po’ esaltata: SAPETE DIRMI DOV’È LA LEGNA??

non credo di aver ottenuto risposta…

La Jessi mi trascinò via probabilmente chiedendosi perché mi avesse portato con sé. Tutt’ora quella domanda mi sembra esser stata una genialata per fare amicizia…magari ci riproverò in un’altra occasione per vedere se funziona!”

Un altro ricordo memorabile è che partimmo con un grande telo PVC e tornammo senza, poiché una sera, in un momento di crisi totale, di quelle in cui l’olio frigge, l’acqua bolle e straborda e tutte siamo indaffaratissime, la Sofi chiede:

-Dove appoggio la pentola?? (rovente, appena tolta dal fornello)

-Lì lì lì sopra…!

PSSSSSSSS…

E fu così che il nostro bel telo PVC piegato in 4, divenne un fantastico telo bucato sui 4 lati in modo perfettamente simmetrico! Un’opera d’arte!

Considerazioni finali

Ro: “Era la mia prima grossa uscita mi pare, uno degli episodi salienti del mio percorso Scout, perché praticamente ho fatto Centenario, Eurojam, e adesso attendiamo l’Euromoot!”

Eh sì, è stata un’esperienza significativa! Per noi Pantere è stato un momento per crescere come Squadriglia, per vivere quella dose di Avventure che ti mettono alla prova, ti legano e ti uniscono e ci ha dato una marcia in più per affrontare il Campo Estivo! Tanti di questi ricordi riecheggiano ancora oggi tra di noi e con l’Ali, la Ro e la Sofi ancora oggi si ride e si ricorda con piacere questa esperienza…! Ricordo che è stato davvero un momento esclusivo per noi, incontravamo la staff solo all’issabandiera e poi eravamo in autonomia. Come tutti gli incontri a così ampio raggio, è stato prezioso, è stato un tempo che si è tramutato in ricchezza!

2011/2012 Un nuovo riparto, una nuova avventura

Alessandro Cicoli

Era una calda serata di giugno del 2011 quando la Direzione di Gruppo si riunì presso la Delegazione Comunale di Calcinelli per iniziare a programmare il successivo anno associativo. Eravamo, infatti, ancora sprovvisti del celeberrimo Pala Scout ed allora ci si riuniva, a turno, in una delle tante sedi delle Unità che erano sparse nell’ancora Comune di Saltara. Tra una considerazione e l’altra, venne posto in discussione un importante argomento dell’ordine del giorno: i grandi numeri che il nostro Riparto Esploratori “Santa Croce” si sarebbe trovato ad affrontare a seguito dei passaggi dei Lupetti nati nell’anno 2000.

La necessità di non venire meno al principale obiettivo della nostra Associazione (l’educazione del singolo), ci portò ad approvare la fondazione di un nuovo Riparto. Il sottoscritto fu scelto dalla Direzione di Gruppo come Capo Riparto e, nelle successive riunioni, vennero inseriti nella Pattuglia Direttiva Giacomo Marinelli (Maro), Federico Grilli (Fix), che aveva appena lasciato l’incarico di Akela, e il debuttante Gianmarco Guidi (Giammi). Di concerto con la Staff del Riparto “Santa Croce”, furono accorpate al nuovo Riparto la Squadriglia Tigri, la Squadriglia Lupi e la neonata Squadriglia Gheppi.

Rimaneva solo una cosa da decidere: il nome del Riparto. “Come vogliamo chiamarci?”.

Furono tante le ipotesi prese in considerazione dalla Pattuglia Direttiva: “Cerchiamo l’ispirazione su Scoutismo per Ragazzi, anzi no… magari prendiamo in prestito il nome di una stella o di una costellazione”. Nessuna delle alternative ci convinse appieno e così, giunti ormai alla vigilia dei Passaggi, ci venne l’idea di intitolare il Riparto alla memoria del nostro caro fondatore Don Giulio.

Il Sentiero percorso nei tre anni di vita del Riparto ci ha fatto vivere esperienze davvero memorabili. Mi piace constatare come tutti i Campi Estivi siano stati caratterizzati da un grande spirito di condivisione con altri Scout: durante il primo campo di Casteldelci, abbiamo passato alcuni momenti con i nostri fratelli Scout AGESCI provenienti da tutta Italia; l’anno successivo, sempre a Casteldelci, è stata la volta del Campo di Gruppo in occasione del nostro Venticinquesimo; mentre il 2014, come degna conclusione di questa bellissima avventura, abbiamo vissuto l’esperienza dell’Eurojam francese. Ma queste sono state solo alcune delle pietre miliari che hanno disegnato il percorso di un cammino ricchissimo, che ha avuto il grande merito di fortificarci e farci crescere individualmente. Infatti, proprio grazie al venir meno delle sicurezze che un grande Riparto poteva darci, ognuno di noi, dal Capo Riparto all’ultimo dei Novizi, ha potuto mettere in gioco i propri talenti e acquisire maggiori consapevolezze.

Dopo l’Eurojam, i numeri dei due riparti non consentirono la sopravvivenza di tutte e sei le Squadriglie, e così la Direzione, riunitasi nuovamente (questa volta sì, al Pala Scout), deliberò la riunificazione degli Esploratori sotto l’unica Fiamma del Santa Croce. Ma, nonostante ciò, ci piace pensare che il Riparto “Don Giulio” sia ancora in vita: nelle esperienze vissute, nelle tradizioni ereditate, nelle nozioni trapassate.

2012/2013 Un campo lungo 25 anni

Federico Rivelli

Quest’anno, più precisamente dal 3 all’11 agosto presso il Comune di Casteldelci, i ragazzi dei tre Riparti del Gruppo Calcinelli I° hanno potuto vivere un’esperienza davvero eccezionale, all’insegna dell’avventura e della vita all’aria aperta.

Non era mai successo nella storia del Gruppo di riunire in uno stesso luogo e nel medesimo periodo tutte le unità di branca verde, Guide ed Esploratori assieme, sotto un unico cielo stellato, a poca distanza l’uno dall’altro.

L’opportunità di avere un ambiente naturale così esteso a disposizione ha permesso infatti di condurre le proprie attività in maniera separata senza arrecare alcun disturbo, come definito dal metodo educativo proposto dalla nostra associazione, ma allo stesso tempo ha permesso anche di creare le occasioni per vedersi tutti assieme e far nascere quell’atmosfera di fraternità e confronto che vogliamo accompagni sempre la crescita di ogni nostro ragazzo.

Posso solo lontanamente provare a trasmettere le emozioni e tutti quei vividi ricordi vissuti a chi si appresterà a leggere queste poche righe, ma proverò a fare del mio meglio per narrare la vita di campo dei nostri cari Esploratori.

Tutto tace nella notte silenziosa, ma, sotto le fiere chiome frondose delle querce si alza e s’abbassa il lieve zufolare del ghiro, che ancora assonnato si appresta a svegliarsi ai primi raggi del sole.

Una bassa nebbiolina, fresca d’acquosa e cristallina rugiada, taglia l’aria ormai limpida e vibrante al nascere del giorno. La lepre saltella con i suoi piccoli tra le folte ciocche d’erba nella verde chioma delle montagne di Carpegna. Un canto si leva dalle solide tende degli Esploratori:

“Sul colle scorre il ruscello, nel bosco canta il cucù!!  È sorto il sole, esplorator, non indugiare più! …”

Le voci ancora roche prendono pian piano il vigore ad esse stesse familiare e, rispondendo a nuova vita, si alzano in risposta alla canzone del mattino da dietro i confortevoli drappi d’ingresso. La giornata e il campo hanno finalmente inizio.

Il fresco vento del mattino porta con sé due figure forestiere, che presto si scopriranno essere l’emerito Professor Lidenbrock e suo nipote e assistente Axel. Il professore chiede immediatamente ai ragazzi di aiutarlo a tradurre una misteriosa pergamena scritta in antico runico, di cui si scoprirà essere autore il leggendario alchimista islandese del XVI secolo: Arne Saknussemm.

Di qui in avanti è per i nostri un susseguirsi di avventure, che li porterà a costruirsi con le proprie mani gli strumenti necessari ad una impegnativa spedizione tra i ghiacci verdeblu della nordica isola islandese. Dapprima è la volta di produrre le provviste, ad esempio attraverso le antiche tecniche di trasformazione della frutta in dolce marmellata. Poi viene studiata attentamente la struttura della terra, creando addirittura un ecosistema in bottiglia, dove la base è la fedele ricostruzione della vita acquatica di uno stagno, con alghe per produrre ossigeno e lumachine per mantenere ordine e pulizia, mentre più in superficie viene posto il terriccio, con trifoglio e piccoli animali.

Nulla può raccontare lo stupore dei ragazzi nell’osservare giorno dopo giorno la meraviglia di ciò che accade inconsciamente in maniera incessante anche nella nostra Terra. Gli elementi naturali si compongono e si abbracciano, rendendo possibile il miracolo della vita.

Infine è stato il momento di costruire una bussola, per non smarrire mai la strada e superare al meglio ogni difficoltà.

Si sono susseguite innumerevoli altre prove, ad esempio di allenamento fisico con le attesissime olimpiadi, o anche di confronto con sé stessi, durante i momenti di riflessione accompagnati dalle parole del Signore, ma soprattutto sono stati fatti tanti giochi all’aria aperta e moltissime risate in compagnia.

All’inizio del racconto però, abbiamo parlato della grande possibilità di vivere esperienze tutti assieme ai nostri fratelli Esploratori e alle nostre sorelle Guide. Questo aspetto si è concretizzato soprattutto nella serata di attività alle stelle.

In un clima limpido e sereno la brillante coltre di piccoli puntini luminosi del cielo estivo ha avvolto in un grande abbraccio i diversi gruppetti di ragazzi e ragazze gemellati, in un percorso composto da quattro tappe.

Le Squadriglie miste hanno perciò ascoltato rapite i “tre saggi eremiti delle stelle” imparando molte cose sul mondo che vive al di sopra delle loro teste, ma anche su quello al di sotto di esse, all’altezza del proprio cuore. Ogni gruppo è stato invitato liberamente a preparare una riflessione comune, esposta durante l’ultima tappa, completata dai canti accorati di un sincero momento di preghiera.

Ma l’indomani le Squadriglie sono finalmente pronte per la grande spedizione, che altro non è che il mitico Grande Gioco.

Tra epiche battaglie, percorsi leggendari in mezzo a rocce vulcaniche e ghiacci perenni, attraverso mondi sotterranei sconosciuti e preistorici esseri giganti, una squadriglia in particolare è riuscita a portare a termine la missione, garantendosi un posto nella storia, ad imperitura memoria delle sue gloriose gesta.

Ma il sole sta già tramontando nella dolce valle del Montefeltro e i ghiri ben presto torneranno assonnati a cantilenare con il proprio respiro. È la ninna nanna della natura che così dolcemente accompagna il fresco dormire dell’esploratore.

L’indomani è già tempo di partire, di levare le tende e trascinare i propri passi sul sentiero di casa. Ma il pensiero va a tutti quei ricordi, quelle sensazioni, che così pienamente hanno accompagnato lo spirito di ogni ragazzo. È una sensazione immensa, pura, e di concreta e vibrante allegria, quella di poter portare con sé lo spirito del campo appena trascorso.

Il segreto è tutto in questo concetto, lo spirto del campo non è altro che lo spirito delle persone, passate, presenti e future, che ne fanno parte.

Tanti spiriti talmente in risonanza l’uno con l’altro da creare un canto potente e armonioso, al di sopra di qualsiasi sensazione che possa provare una sola singola anima. È una grande anima connessa, quella del nostro gruppo, un’anima perpetua, che campo dopo campo allarga sempre i propri orizzonti

2013/2014 Chiaramente scout

Paola Cecchini

Chiaramente Scout, non potevamo scegliere nome migliore per un’attività di Fuoco, inizialmente ideata con lo scopo di autofinanziarci la nostra route estiva, ma che si è rivelata una vera e propria riscoperta sia di Fuoco che dell’intero Gruppo.

Già dalla progettazione io e Marusca volevamo mettere alla luce le grandi doti delle componenti del nostro Fuoco, che al lancio dell’iniziativa si sono mostrate un po’ titubanti, ma che poi con il passare delle prove e l’entusiasmo che Marusca ed io riuscivamo a trasmettergli, la loro voglia di fare cresceva sempre più.

Ci fu una grande preparazione dietro, partendo dalla testimonianza effettiva di suore che ci hanno aiutato ad assaporare e calarci nella vita di S. Chiara, alla stesura dei copioni, al capire la suddivisione dei ruoli anche in base alle caratteristiche caratteriali di ogni ragazza.

Tutto fu fatto insieme in grande armonia. Un altro aspetto tanto importante quanto spettacolare fu la collaborazione di genitori e conoscenti del nostro Gruppo che ci hanno aiutato nella realizzazione dello spettacolo, aiuto come scenografie, acconciature e abiti.

Penso che questa attività non fu solo una semplice iniziativa di autofinanziamento, ma una vera e propria scintilla che è stata in grado di ravvivare il nostro Gruppo, si proprio così, ogni componente si è reso utile, facendo emergere le proprie doti, ed è stato bellissimo vedere tutte queste forze mettersi insieme per poi aprire un sipario così importante per noi.

È stata per tute noi una strada impegnativa, a volte in salita con ostacoli, ma come le strade impegnative fatte con compagne di strada giuste ti portano a delle meravigliose vette, ti fanno capire che ne è veramente valsa la pena percorrere, e soprattutto sono fiera e orgogliosa di aver intrapreso e proposto un cammino così consapevole delle forze che avevamo a disposizione.

Il giorno della prima decidemmo di stare insieme sin dal mattino per vivere ogni momento che precedeva la nostra prima.

Tutto era pronto, noi eravamo pronte e…

Che lo spettacolo abbia inizio!

Fu nel vero senso della parola uno spettacolo.

Tanti applausi, tanto stupore, tanta emozione ma tutto questo grazie ad un grande Fuoco alimentato da un forte vento, Chiaramente Scout!

2013/2014 Eurojam 2014: venite e vedrete!

Alessandro Cicoli con i contributi di Marusca Tenaglia ed Emanuele Barone

Condensare l’avventura vissuta all’Eurojam dai nostri ragazzi in poche pagine è davvero impresa ardua: quei dieci giorni di campo sono stati solamente la punta dell’iceberg di anni di preparazione, progressione personale e crescita di squadriglia.

La sfida, infatti, venne lanciata nel lontano Novembre 2012 con la missione “Azimuth Europa”: una sorta di strumento di autovalutazione strutturato in missioni e imprese di squadriglia da svolgersi durante l’intero anno associativo. A seguito della felice conclusione di questa lunga missione, i capi riparto, nelle persone di Samanta Lucchetti (“Il Quadrifoglio”), Giacomo Marinelli (“Santa Croce”), e Alessandro Cicoli (“Don Giulio”) comunicarono ai commissari nazionali la volontà di partecipare al grande evento. Si avviò così un tortuoso iter burocratico, che portò anche ad un’importante variazione logistica: inizialmente, infatti, l’Eurojam avrebbe dovuto tenersi a Metz (nella parte nord-orientale della Francia), ma in seguito alla scoperta di alcuni ordigni bellici nella zona deputata per lo svolgimento del campo (roba da far impallidire la bomba di Fano), fu necessario trovare tempestivamente un altro posto. La scelta ricadde su Saint-Evroult-Notre-Dame-du-Bois, nel cuore della Normandia (un nome complicatissimo, ma che ci è entrato ben presto in testa).

Nei primi giorni del maggio 2014 fummo chiamati, come capi riparto, a partecipare allo “Unit Leader Camp”, una sorta di pre-campo organizzato sul posto: ciò ci ha permesso di prendere coscienza del clima ostile e dell’incredibile lunghezza del viaggio, timori che si sono rivelati assolutamente fondati (in special modo per il Riparto “Santa Croce”). Arrivammo così al fatidico giorno della partenza. Data: 31 Luglio 2014. Luogo: stazione FS di Pesaro. Treno: “Frecciabianca” 9830 Lecce-Milano. Il sottoscritto, individuato quale responsabile di distretto per il piano di carico, iniziò a preoccuparsi non appena si rese conto del ritardo di alcuni ragazzi, rimasti intrappolati nel traffico della città che si stava preparando al Palio dei Bracieri. Per fortuna tutto andò per il meglio: fu un’impresa far restare tutti in ordine sulla banchina, e anche ridistribuire i ragazzi all’interno delle carrozze non appena il Capo Treno ci comunicò che una di quelle da noi prenotate era stata chiusa.

Arrivati a Milano, non facemmo in tempo a scendere dal treno che immediatamente venimmo caricati sul pullman diretto in Francia: attraversammo le montagne e i laghi della Svizzera, le infinite distese della pianura francese e al termine di un viaggio durato la bellezza di diciotto ore arrivammo a Saint-Evroult. Ogni riparto si diresse al bivacco assegnato e ricordo che, una volta arrivati in loco, si presentarono ben presto due problemi: i pali destinati alle costruzioni erano simili a delle potature di sequoie e la zona a noi assegnata era davvero misera per le nostre sette tende. Ma grazie alla pazienza e all’arguzia degli esploratori, in poco tempo il campo venne montato. Nel frattempo, Giacomo (rimasto in Italia per lavoro) ci stava raggiungendo in aereo e, in tarda notte, arrivò finalmente alla tenda di staff (non senza farsi un paio d’ore di “giro turistico” dei bivacchi, dato che la zona era irraggiungibile telefonicamente).

Va detto che esploratori e guide non furono le uniche figure coinvolte nel nostro gruppo: oltre ai capi unità, i rover, le scolte e gli RS in servizio, il Calcinelli I apportò anche i preziosi contributi dei Capi Bivacco Marusca Tenaglia (bivacco 5) e Francesco Brunori (bivacco 14).

Cara Marusca, che ricordo hai dei primi momenti all’Eurojam?
Sono davvero tanti i ricordi, dall’arrivo in aereo, nel cuore della notte, al ritrovarsi catapultata con tutte le capo della Pattuglia Nazionale Guide dentro un tendone. Dal giorno seguente ho iniziato a dedicarmi al mio bivacco, innanzitutto prendendo confidenza con l’area che ci era stata assegnata. Da lì, sono iniziati dodici giorni nei quali mi sono messa gioiosamente al servizio di quelle capo riparto e guide che mi erano state affidate, dimenticandomi di tutto il resto.

Ebbe così inizio il quarto Eurojam della storia della FSE, con una bella ed intensa cerimonia d’apertura presieduta dal Commissario Federale Martin Hafner e incentrata sul motto del campo “Venite et Videte”. Questa frase, tratta dal Vangelo di Giovanni, ispirò tutte le attività organizzate per le squadriglie:
“Venite et laborate!” – workshop tecnico con una squadriglia gemellata;
“Venite et gaudete!” – cena festosa e fuoco di campo con altre due squadriglie gemellate;
“Venite et adiungite!” – attività opzionale di gemellaggio di Riparto;
“Venite et vincite!” – grande gioco con altre dieci squadriglie;
“Venite et reconciliate!” – pellegrinaggio al Santuario di Lisieux;
“Venite et cognoscite!” – giornata di scambio;
“Venite et ludite!” – giornata organizzata liberamente dai riparti.

Caro Emanuele, quali sono le attività che ricordi con più piacere dell’Eurojam?

Una di queste è sicuramente il “Venite et laborate!”. La preparazione è stata davvero lunga e intensa: sapevamo di dover condividere l’attività con una squadriglia francese e abbiamo pensato di realizzare una torretta di segnalazione. Approntammo la nostra impresa di squadriglia nei dettagli, mettendola in pratica nei giorni del campetto che organizzammo nella casa in campagna di mia nonna. Purtroppo a Saint-Evroult non potevamo disporre dei nostri bei pali su misura e ci rendemmo presto conto che realizzare la medesima costruzione con delle sezioni di tronco d’albero intrise d’acqua era davvero impossibile! Così, la nostra squadriglia gemellata francese ci accompagnò nel bosco e ci insegnò a costruire delle frecce polinesiane, fatte con rami affilati e dotate di un meccanismo a corda che le conferisce una lunga gittata. Ricordo anche che in quell’occasione fui intervistato da un loro squadrigliere che stava prendendo la specialità di giornalista: fu molto facile farmi capire, visto che parlava un perfetto italiano!
Un’altra attività che ricordo con grande gioia è il “Venite et gaudete!”, durante la quale insegnammo ad una squadriglia tedesca la ricetta della pasta all’amatriciana, preparata dal nostro cuciniere Gianmarco Mandolini: inutile dirti che i nostri amici la apprezzarono moltissimo! Molto bello fu anche il dopo cena, allietato da canti e bans.

Per noi capi riparto la tensione, invece, fu sempre molto elevata, per la paura che qualcosa potesse andare storto: devo dire che tutto fu reso più facile dai nostri compagni di staff e dalle alte squadriglie. Voglio inoltre ringraziare di cuore, anche in questa occasione, i ragazzi dell’annata ’97 che per ragioni anagrafiche non hanno potuto accompagnarci all’Eurojam: senza la preparazione e il sacrificio da loro messi in campo, la Normandia sarebbe stata solamente un lontano miraggio. Un pensiero speciale inoltre lo riserviamo al nostro caro Marco De Luca, la stella più luminosa del cielo che ci ha accompagnato e sostenuto in questa avventura.

In conclusione, ecco cosa ricorderò per sempre di questa incredibile esperienza che ho avuto il privilegio di vivere anche da Capo Riparto:
umidità ovunque (nei vestiti, nelle tende, nelle “baguette” che mangiavamo);
i menù giornalieri in cui non potevano mancare il “camembert” e le “lingue di gatto”;
la poggia incessante che non ci ha concesso nemmeno un giorno di tregua;
le docce fatte con le taniche;
la paura per le zecche;
i tramonti alle undici di sera;
i tempi biblici necessari a far bollire l’acqua per la pasta (causa pioggia e vento);
il sapore del chinotto bevuto alla stazione di Milano al ritorno;
la passione dei capi;
la gioia dei ragazzi;
il dolce abbraccio dei nostri genitori appena scesi dal treno.

2014/2015 L’arcobaleno splende sopra il bosco d’italia

Ilaria Sperandio

Era da mesi che le bambine del Cerchio Lanterna Splendente di Calcinelli aspettavano quel giorno. Finalmente il 21 marzo 2015 era arrivato e le 11 Coccinelle del Consiglio di Arcobaleno erano pronte a volare fino a Viterbo per incontrare molte altre piccole Scout del Bosco italiano.

Migliaia di giovani sul sentiero che le avrebbe portate ad approfondire la figura spirituale di Santa Rosa, protettrice di Viterbo, che durante il Medioevo sconfisse una grave malattia personale e donò la sua vita all’aiuto dei più deboli e alla Chiesa. Un esempio ancora oggi per le ragazze e per le giovani donne, capace di invitare a riflettere sul mistero della fede in una piena e coinvolgente donazione d’amore.

Le bambine accompagnate dalla Capo Cerchio Ilaria e dalla scolta Federica hanno seguito attentamente la storia del pane trasformato in fresche rose. La fanciulla, infatti, di famiglia assai povera, ne aveva nascoste due pagnotte sotto al grembiule sdrucito per donarlo ai più poveri. Quando il padre se ne accorse la fermò preoccupato chiedendole cosa portasse di nascosto con sé. La piccola rispose che aveva solo dei fiori ed ecco che quando aprì il grembiule ne uscirono di freschissimi.

Una storia semplice e bellissima che le Coccinelle scoprirono passo dopo passo assieme ad altre bambine provenienti da ogni parte d’Italia: dalla Sicilia al Friuli, dalla Liguria alla Puglia, dalle Marche alla Sardegna. Una passeggiata in un bosco più vasto del solito, gioioso ed entusiasmante, dove le foglioline delle piante sono solite vibrare divertite sotto la brezza primaverile: quel vento capace di spargere l’odore di rose nell’aria e di far vibrare all’unisono le ali di tutte le Coccinelle d’Italia.

2015/2016 Challenge 2016: il ritorno della forcola

Axel Valeri, interviste: Giacomo Giovanelli e Alessandro Berloni

Il Challenge è un’ambiziosa sfida alla quale partecipano tutti i Clan del distretto divisi in piccole pattuglie che, orientandosi lungo i sentieri con la sola cartina topografica sono messe alla prova in abilità tecniche e fisiche.

Il tempo, quindi la velocità con la quale si percorrono tutti i sentieri, e lo stile, quindi l’uniforme perfetta, l’atteggiamento durante le prove, il comportamento nei momenti di gruppo, il rispetto degli avversari, sono gli altri parametri di giudizio fondamentali, tutti elementi valutati singolarmente che alla fine delle due giornate portano alla vittoria.

In esso si sperimentano le proprie capacità e i propri limiti, si imparano ad affrontare difficoltà impreviste, ad essere pronti, a non scoraggiarsi.

La prima apparizione del “Clan Nettuno” in questa rinomata competizione è nel 2001, a Cupramontana, un Challenge tutto in bicicletta dove il fango dovuto all’incessante pioggia ha portato le 3 pattuglie partecipanti a doversi ritirare.

Dopo aver preso le misure, l’anno successivo lungo i sentieri del Furlo, la pattuglia formata da Lorenzo Bruscoli, Federico Grilli e Mattia Camilloni portano alla vittoria il Clan Nettuno, ottenendo così la valorosa “Forcola”, simbolo dei Rover che rappresenta la capacità di fare “scelte importanti” per la propria vita quando ci si trova di fronte ad un “bivio”, Forcola sulla quale ogni anno la pattuglia vincitrice ci annoda un lembo di pelle con incisi i propri nomi.

Appena dopo due anni dalla vittoria, il 7-8 maggio 2005 ad Urbania, la pattuglia “Taxi” composta da Alessandro Berloni (Berlo), Massimo Mattioli (Mattio) e Luca Giambartolomei (Giamba), conduce il Nettuno ancora una volta alla conquista del Challenge.

Ogni elemento della pattuglia aveva una propria qualità, che unita a quella dei compagni ha formato un gruppo completo: Giamba caratterizzato da una forte abilità tecnica; Mattio contraddistinto per la sua pazienza ha fatto la differenza nella prova che prevedeva la realizzazione di complicati origami prevalendo sugli avversari; Berlo, specialista nella topografia, si è preso carico dell’orientamento seguendo con cura la cartina topografica, trovandone i punti determinati dalle coordinate con efficienza non facendo perdere tempo prezioso alla propria pattuglia; inoltre, forte della sua esperienza nella competizione, si è occupato anche dell’organizzazione di tutto il materiale necessario per le due giornate.

Il loro Capo Clan, Giacomo Giovaneli, li ha definiti come un vero gruppo di amici, non solo nell’ambito Scout, ma amici che erano insieme al di là delle attività scoutistiche, ed è questo fondamentale aspetto che ha fatto la differenza, facendoli raggiungere una coesione e un affiatamento tali che uniti alla preparazione, li hanno portati avanti a tutti.

Con il passare del tempo i ragazzi portano a termine la loro formazione ed il loro percorsi Scout, Berlo dopo ben undici anni da quella vittoria, nel 2016 divenne Capo Clan, anno nel quale il Challenge viene proposto con una forma particolare, oltre alle numerose prove disseminate lungo il percorso è caratterizzato per la modalità triathlon, gara composta da una prima parte a piedi sui sentieri del Furlo, un lungo tragitto in bicicletta fino a Fano, e infine, una prova in kayak sul nostro mare Adriatico.

La competizione ha preso luogo nella parte inferiore del monte Pietralata con obiettivo la vetta, tratto della gara camminato, o a discrezione della pattuglia intrapreso di corsa, dove oltre alla prova di cucito e un paio di controlli stile il principale confronto è stato arrivare al campo base realizzando il minor tempo rispetto alle altre pattuglie, luogo nel quale sono stati costruiti i rifugi con dei teli impermeabili, destinati a passarci la notte e anche poi per esser poi valutati in integrità e confort.

Il giorno successivo carichi di tutto il materiale sulle spalle la sfida è passata sulle due ruote partendo in bicicletta direzione Fano, dove le uniche soste sono state per sottoporsi alla prova fisica, ad un rilevamento tracce ed al questionario sulla metodologia Scout.

Ormai giunti verso la fine del confronto, le ultime battaglie sono avvenute in mare alla guida dei kajak, per poi concludersi con la gara di cucina a base di polenta e crema.

Dopo tutto quel periodo di assenza nel gradino più alto del podio, dopo tutta quella distanza dalla Forcola, il Clan Nettuno torna a trionfare con la pattuglia costituita da Axel Valeri e Lorenzo Centoscudi, arrivando a punteggio pieno nello stile e nella velocità di percorso, totalizzando anche il risultato più alto tra le pattuglie nelle prove tecniche, vittoria figlia di una minuziosa preparazione ed una forte ambizione, principi imprescindibili per arrivare ad un grande risultato.

Negli anni precedenti intanto fu istituito un ulteriore premio, non solo la consueta assegnazione della Forcola alla pattuglia vincitrice, ma anche la consegna di una bandiera europea, riconoscimento dato al miglior Clan del Challenge, dove viene presa in considerazione la media punteggio di tutte le sue rispettive pattuglie.

Solo grazie all’impegno di tutto il Nettuno, guidati da Berlo ed i sui fidi aiuti Nicola Rivelli e Lorenzo Bruscoli, il Gruppo di Calcinelli è riuscito ad imporsi sul distretto.

1° “727”: AXEL VALERI e LORENZO CENTOSCUDI;

3° “Divino Jonhatan 2”: LUCA PEDINI, EMANUELE BARONE e LORENZO COSTANTINI (Clan di Forlì);

6° “Eiffel 65”: ALBERTO PANNACCIO, GEREMIA MATTIOLI e FILIPPO GRESTA;

8° “Splash Brother”: ANDREA PEDINI e CHRISTOPHE MENDY.

2016/2017 Mille volti una storia

Chiara Ciacci

Quella data andava trovata, sembrava impossibile, ma ce l’avevamo fatta.

Fu così che riuscimmo nuovamente a partire tutti insieme per un grande campo.

Era il 6 gennaio del 2017 quando il Clan Nettuno, il Fuoco Girasole e tutta la Direzione di Gruppo partirono per il primo campo insieme.
Naturalmente non fu la prima occasione in cui le diverse unità si incontravano, prima di questa ci sono state altre esperienze, come il campo invernale di Clan e Fuoco tenutosi a Parchiule tra il 27 e il 30 dicembre del lontano 2005 e l’uscita del 1° marzo 2015 dove le due unità hanno trascorso una giornata insieme alle Cesane di Fossombrone.

Un assaggio di quello che sarebbe stato questo campo lo abbiamo ricevuto durante l’uscita a Madonna dell’Acquanera nel marzo del 2016, dove per la prima volta si sono confrontati la Direzione di Gruppo, il Fuoco e il Clan.

Ma niente è paragonabile al grande evento del campo.

Quella mattina il sole quasi timido rifrangeva i suoi raggi sull’acqua del fiume, il clima era un po’ rigido, tanto che durante la giornata abbiamo assistito alla prima neve dell’anno.

Il punto di partenza era la piccola terrazza posta a bordo della strada principale di Fossombrone a pochi metri dal Ponte che attraversa il Metauro.

Da lì si apre il sentiero per “campo d’Asino” dove si trova la casa che ci avrebbe ospitati.

Compiuti i prima passi lungo il sentiero, è lì che tutto accade, inizi piano piano a lasciarti la realtà alle spalle e senza accorgertene il tuo spirito cambia e la tua anima inizia a riempirsi di qualcosa di nuovo, di speciale.

Lungo il cammino si sono formate le equipe che come ad ogni campo si sarebbero sfidate in quelle che sono le tipiche attività Scout, in fin dei conti ci vuole sempre un po’ di sana competizione.

Arrivati alla casa, come dopo ogni camminata, la fame si è fatta sentire così riuniti intorno al tavolo abbiamo consumato il pranzo perché sappiamo tutti che a stomaco pieno si ragiona meglio. In questo caso si crea meglio, sì, perché la prima attività del pomeriggio è stata realizzare delle maschere, ma non le tipiche mascherine fatte in carta: ci siamo infatti specializzati nella creazione di oggetti in gesso, e con un po’ di fatica e dolore siamo riusciti a ricavare dei volti, cinque cavie hanno offerto il loro viso come stampo per il gesso, e in cambio hanno ricevuto una ceretta gratis per sopracciglia e baffetti.

Il resto del pomeriggio le varie unità ovvero, il Clan, il Fuoco e la Direzione si sono riunite, ognuna nelle proprie stanze per sviluppare, tramite le varie tecniche espressive, la rappresentazione dei personaggi assegnati loro durante le riunioni che hanno preceduto il campo per la realizzazione di uno spettacolo che si è tenuto la sera, durante il fuoco serale, nel quale i vari gruppi si sono esibiti con opere di grande successo.

Nella giornata seguente, come ad ogni campo che si rispetti, siamo partiti per una nuova camminata, divisi in unità, lungo sentieri diversi, camminavamo tutti verso la stessa direzione, ovvero la baita delle Cesane.

Lungo il cammino è stata la figura di Ester che ci ha accompagnati e ci ha fatto riflettere sulle nostre scelte.

Come spesso accade ai nostri campi mobili è la strada che ci accompagna durante le nostre riflessioni, ed è lei ci fa sempre scoprire qualcosa di nuovo, qualcosa che ci arricchisce.

Durante il pomeriggio dopo essere rientrati dalla camminata ed esserci rifocillati con un buon pranzetto è venuto a farci visita il nostro caro Don, dopo qualche canto e risata, ci siamo ricomposti per una bella chiacchierata tutti insieme, a seguire il nuovo conduttore Rai, Davide Falcioni ha condotto un gioco nel quale abbiamo condiviso le nostre riflessioni su Ester e le scelte di cui si parlava la mattina.

La giornata si è conclusa con la visione di alcuni video su storie di persone che hanno fatto delle scelte importanti, seguiti da un lauto banchetto e la visita di ospiti speciali.

La mattinata seguente la sfida si è fatta sentire un po’ di più, in un primo momento le varie equipe si sono riunite per dare finalmente un’identità a quei volti che durante le giornate precedenti erano rimasti lì fermi in corridoio ad asciugarsi e compattarsi, sapete il gesso non si asciuga molto velocemente, soprattutto d’inverno.

Dopo la presentazione di queste identità e il racconto delle loro storie, è arrivato il momento più atteso del campo, la grande sfida, quella che ormai è una tradizione ed ogni volta assapori nell’aria competizione e in teoria dovresti sentire anche qualche profumino che ti porta l’acquolina in bocca, in questo caso eravamo tutti inebriati dalla cannella di Berlo.

Sì stiamo parlando proprio di lei, LA GARA DI CUCINA, una vera e propria sfida all’ultimo fornello, i cuori palpitavano e le mani si muovevano più velocemente possibile per realizzare il piatto perfetto, ore 13:30 fischio finale, uniformi perfette, piatti pronti, si presenta il tutto ai giudici.

Durante il ritiro della giuria per le valutazioni i vari concorrenti si sono messi all’opera per ripulire tutto e svuotare la casa prima della partenza.

Prima di salire in macchina e tornare alle proprie case la sfida non poteva che concludersi con una vera e propria lotta a palle di neve, a seguire ci siamo riuniti per i saluti finali, la benedizione del Don Peppe e la consegna dei vari certificati di campi scuola, perché la formazione viene prima di tutto.

A questo punto vi chiederete cosa centra il titolo con questo articolo…

“mille volti una storia” è la frase che ci ha accompagnato lungo tutto il campo.

Una storia quella del campo, che racchiude dentro di sé la vita e la scoperta di tanti volti, quelli che erano presenti, che magari vediamo spesso intorno a noi, ad attività, a messa ma che di fatto non conoscevamo fino in fondo prima di questo campo, quelli che abbiamo conosciuto nelle storie di personaggi biblici, e volti che abbiamo creato noi, ai quali noi abbiamo dato una loro identità.

Si parla di volti, di storie, e pensando a queste parole mi viene in mente tutto il nostro Gruppo, formato da tante persone, dal più piccolo al più grande.

Una Capo un giorno mi ha detto “se il Fuoco e il Clan non funzionano, non funziona tutto il Gruppo”, e di fatto è così perché in queste due unità si formano i capi di ora e i capi del futuro e se questi non funzionano i nostri ragazzi e ragazze più piccoli come faranno a fare attività? Come faranno a crescere con degli esempi se questi non ci sono?

Questo campo mi ha dimostrato che ci sono persone che ci tengono, che formano prima se stesse per poi riportare il proprio sapere ai più piccoli, e questa è proprio una testimonianza, i nostri capi più grandi, il Capo Gruppo e l’aiuto Capo Gruppo si sono adoperati per noi, per rafforzare i rapporti tra i capi più giovani, gli aiuti delle varie unita, per creare una comunità forte in continua formazione.

  • 2016 Fuoco "Girasole" Clan "Nettuno" Direzione di Gruppo campo invernale alle Cesane

2017/2018 Buona Caccia Ricca

Fabio Francesconi

“Buona caccia!”, disse Phao, come se Akela fosse ancora vivo, e poi, girando la testa sopra la spalla lacerata dai morsi, gridò verso gli altri: “Ululate, cani! Un lupo è morto questa notte!”.

Alcuni di voi non comprenderanno il senso di questa frase ma ogni lupetto sa che nel “libro della giungla” è con queste parole che si dà l’ultimo saluto ad “AKELA” nell’ora della sua morte.

Oggi vorrei usare le stesse parole per salutare te caro Ricca, perché, se nel fantastico mondo della giungla tu rappresentavi per tutti IKKI, in fondo sei sempre stato il nostro vero AKELA, la nostra guida, il nostro Capo. Colui che ha portato tanti cuccioli a divenire uomini e donne della partenza.

Forse non te ne sei nemmeno reso conto quando, trent’anni fa, hai fatto la cosa che meglio sapevi fare nella tua vita, rispondere con umiltà e gratuità: “SI, ECCOMI! Sono pronto a Servire”.

Quella scintilla di generosità ha acceso un fuoco vivo e splendente che per anni ha illuminato il cammino di tanti giovani e scaldato i cuori della nostra comunità. Lo farà ancora e per tanti anni.

Se Dio vuole … sarà per sempre!

B.P. nel suo ultimo messaggio agli Esploratori scriveva:

“…il vero modo di essere felici è quello di procurare la felicità agli altri. Cercate di lasciare questo mondo un po’ migliore di quanto non l’avete trovato e, quando suonerà la vostra ora di morire, potrete morire felici nella coscienza di non aver sprecato il vostro tempo, ma di avere fatto del nostro meglio. “Siate preparati” così, a vivere felici e a morire felici. “

Caro Ricca, tu ci hai procurato tanta felicità ma oggi tu ci lasci e ci lasci migliori di come lo eravamo quando il Signore ci ha affidato a te. Non riesco a fare a meno di pensare che anche il nostro paese, la nostra Calcinelli che tanto hai amato, sia migliore di quanto lo sarebbe stata se tu non ci fossi stato. Hai insegnato a centinaia di giovani la lealtà, il rispetto, l’onore e la fiducia. Ci hai testimoniato la gratuità del servire il prossimo, ci hai fatto capire che l’obbedienza non è sottomissione ma dono e ci hai mostrato come davvero – e dico davvero – si può sorridere e cantare anche nei momenti difficili della vita.

Con te, Ricca, si rideva, si cantava. Ogni cosa che facevi era motivo di divertimento e quel che è più buffo è che l’unico modo che abbiamo imparato per farti capire quanto ti volevamo bene era prenderti in giro. “Vojatre me cojonat” ci dicevi sempre sorridendo, senza mai arrabbiarti e pensavo, speravo che avremmo potuto continuare ancora, per tanto tempo e invece oggi “si tu che ce cojoni”. Proprio quest’anno in cui dovevamo festeggiare insieme il trentesimo compleanno del nostro Gruppo, quel Gruppo che tu hai fondato, te ne vai così, senza nemmeno darci il tempo di realizzare, lasciandoci increduli e senza parole. Te ne vai con la solita umiltà, come il festeggiato che rinuncia al suo pezzo di torta e lascia il gusto di spegnere le candeline ai più piccoli. Ancora una volta ci hai mostrato come si risponde alla chiamata del Signore senza indugiare, nel pieno stile dell’ESTOTE PARATI.

Tu eri pronto Ricca ma noi no, non lo eravamo. La tristezza, la rabbia, la disperazione e la malinconia si fanno avanti con forza in queste ore ma tu hai gettato in ognuno di noi il seme della fede. Una fede che è germogliata e che oggi non ci impedisce certo di piangere ma pur con gli occhi gonfi di lacrime, ci strappa un timido sorriso di gioia e di speranza. Come un arcobaleno che colora il cielo dopo una giornata di pioggia e ci fa capire che la nostra vita va avanti, illuminata dal tuo ricordo e dai tuoi insegnamenti.  Non una fede che spinge a chiedersi “Perché? Perché proprio te? Perché ora e in questo modo?” ma una Fede che ci fa ringraziare il Signore per averci donato la tua presenza nelle nostre vite.

La nostra fede, la fede di uno Scout, è un Cerchio con un puntino nel centro che dice “TORNATO ALLA CASA DEL PADRE”. Perché noi tutti abbiamo la certezza che tu ora sei lì, alla casa del Padre Nostro, al sicuro e continuerai a darci tutto ciò di cui abbiamo bisogno per crescere e superare le difficoltà della nostra vita terrena. Li avrai ritrovato i tuoi familiari, i tuoi amici e quanti ti hanno preceduto e un giorno, sempre lì ci riuniremo tutti.

Forse ognuno di noi ha il diritto di conservare nel proprio cuore e nella propria intimità il Ricca che ha avuto l’onore e il privilegio di conoscere ma io ricordo i tuoi involti con la mortadella, quelli “speciali”, ricordo la tua ritmo blu parcheggiata sotto il comune quando uscivo da scuola, ricordo il tuo riportino, ricordo le tue fagiolate. Ricordo i canti che intonavi alla messa delle 9 in piedi davanti all’organo della chiesa, la tua risata “asmatica”, le ferite cicatrizzate con la cenere.  Ricordo i tuoi “e daiiii”, le tue “faccende fatte”. Ricordo la montanara che ci cantavi al fuoco prima di andare a dormire e il caffè con cui ci svegliavi la mattina ai campi.

Ricordo e ricorderò per sempre un uomo, un fratello maggiore, un amico vero che con la sua grande umanità, con la sua umiltà, con la sua forza e le sue fragilità, con la sua infinita bontà ci ha dato l’opportunità di essere uomini e donne migliori.

Per questo e per tutto quanto vissuto insieme ti sarò sempre grato caro Ricca.

Sali in cielo e fai divertire tutti con la “danza della polenta” come solo tu sapevi fare.

Buona Caccia, Buona strada

“Ululate, cani! Un lupo è morto questa notte!”.