Abruzzese Forte e Gentile

Montesilvano, 16-19 aprile 2009.

Non si tratta di un semplice modo di dire e in quattro giorni ho avuto modo di capire quanto “forte e gentile” non sia solamente uno stereotipo appiccicato al popolo abruzzese.
Vi racconto una storia di dignità, di fierezza e di grande solidarietà. 06/04/2009 ore 3.32 un terremoto di magnitudo 5.8 scuote L’Aquila. Davanti la Tv ho visto i VV.FF. e i volontari scavare tra le macerie, ho visto salire inesorabilmente il numero delle vittime e ho provato un enorme senso di pietà nei confronti di chi in un solo minuto ha perso tutto quello che ha costruito in una vita, o ancor peggio ha perso un familiare, un amico sotto le macerie. Poi tutto è cambiato, perchè quando gli aquilani smettono di essere solamente un popolo, ma assumono il volto ed il nome delle persone che per quattro giorni hai conosciuto, hai aiutato e con cui hai passato del tempo, il punto di vista cambia notevolmente.
Che cosa abbiamo fatto a Montesilvano per quattro giorni? Quasi niente, spostato qualche pacco, giocato con qualche bambino, quattro chiacchiere con le persone nella lussuosa hall del grandhotel Montesilvano. Il nostro ruolo non era quello di salvare la vita a qualcuno, ma cercavamo di stare il più vicino possibile alle persone che ne avevano bisogno. Ascoltavamo i racconti di chi aveva voglia di parlare, giocavamo coi bambini che sapevano di trovarci sempre nella stanzetta dei giochi, aiutavamo le persone a trovare qualche capo di vestiario, un pezzo di sapone o una carrozzina. Ho incrociato la strada di molte vite, ognuna delle quali mi ha trasferito una piccola parte della sua sofferenza: ho parlato con Giuseppina (90 anni) che mi ha raccontato in lacrime di quei momenti di panico, condividendo con me le preoccupazioni per il futuro; ho giocato con Claudia (3 anni) che con una triste dolcezza mi ha chiesto di disegnarle una casa raccontandomi che la sua “si è rotta”, ho visto i suoi genitori sforzarsi di non mostrarle le loro preoccupazioni; ho aiutato Anna, Linda, Teresa a trovare un po’ di sapone per lavarsi l’unico cambio con cui sono uscite di casa; ho giocato con Robert (8 anni e mezzo) che ogni mattina ci aspettava nella stanzetta dei giochi da un’ora prima del nostro arrivo.
Ho visto un cartello scritto dalla direzione del Grandhotel che chiedeva ai terremotati di avvisare ogni volta che qualcuno non sarebbe stato presente ad un pasto. In questo cartello la parola ‘terremotati’ era cancellata e a penna era stato scritto sopra ‘aquilani’.
Sopra ogni altra cosa ho visto la grande forza e la dignità con cui queste persone tentano di ricostruire la loro vita, ho visto gli abitanti di Montesilvano, gli scout, le parrocchie, la caritas e i gruppi famiglie impiegare tutte le loro forze nel tentativo di alleviare le sofferenze di questa povera gente.
E’ con tristezza che domenica sera sono tornato a casa, nella mia casa per nulla scalfita, dalla mia famiglia e dai miei amici. La quotidianità presto assorbirà la mia tristezza, ma non potrò facilmente dimenticare la grande riconoscenza che ho letto negli occhi di ogni persona che ho incontrato e con cui ho passato qualche minuto. Sono grato ad ognuno di loro per quel che han fatto per me.
Voglio soprattutto ringraziare Chiara, non solo per la stupenda accoglienza che ci ha riservato, ma soprattutto per il magnifico esempio di persona che è in grado di annullare le proprie esigenze, che sceglie di sacrificare tempo, denaro e lavoro per aiutare nel momento del bisogno e che arriva a svuotare la propria casa per soddisfare questa o quell’altra necessità altrui.

C.C. Brunori Francesco

Facce da Rover

Castelletta di Fabriano, 15-16 novembre 2008.

Forse non tutti sanno che cosa sia Facebook ma è proprio a questo ultimo “cult” della rete che si è ispirato il giochino ideato da Francesco “Bruno” Brunori che ha aperto l’uscita regionale novizi del 2008 che si è svolta a Castelletta di Fabbriano il 15 e il 16 novembre. Su Facerover, parafrasi del più celebre “Facebook”, non c’era un monitor con le foto digitali ma le facce vere, arrossate dal freddo, di tutti i novizi arrivati dai clan delle Marche. Non c’era l’ADSL, non c’era internet dove navigare, ma c’era la strada, a tratti faticosa, a tratti divertente, tutta da percorrere insieme per formare la “community” tutt’altro che virtuale. Ci siamo scoperti, campioni di nuoto, tifosi dell’ Ancona Calcio, sosia di Kakà, fans di Silvester Stallone, ognuno con le sue fisse, uno diverso dall’altro ma con una cosa in comune, un legame forte che è il treppiede rover : la strada, la comunità e il servizio. Non si capiva bene cosa fosse sta cosa e allora, fedeli al motto “tutto giocando ma niente per gioco” ci hanno pensato “Rudy e Lollo” a spiegarci il servizio con “La Gazzetta del Novizio”. Poi la comunità con i quadratini di cartone di “Pollo” e dopo il super ghiaione, rinominato da “Niky” di Senigallia “ghiottino”, è stato il momento della strada con il giochino di “Pancino”. Tutto fantastico come in un film ma questa volta i sottotitoli non erano alla pagina 777 del televideo ma al capitolo 25, 14-30 del Vangelo di Matteo: la parabola dei Talenti !! E’ stato Don Giancarlo a ricordarci che i sacramenti sono dono, che ogni fratello che troviamo accanto è dono, che la strada, la comunità, il servizio sono dono del padre buono e non possiamo permetterci di “nasconderli sotto terra” ma dobbiamo investirli, dobbiamo farli fruttare altrimenti sarebbe come togliere senso alla nostra vita, sarebbe come togliere il legaccio al nostro treppiede facendogli perdere tutta la sua solidità. A chiusura dell’uscita l’incaricato regionale “Andry” ha ribadito che il successo di ogni cosa nella nostra vita e in quella degli altri dipende dalla misura in cui sappiamo e vogliamo metterci in gioco…ed io c’ho provato a mettermi in gioco in questa mia prima uscita come capo pattuglia novizi ed è stato fantastico ragazzi !! Dopo anni di scoutismo mi è sembrato quasi di ricominciare da “capo”. Adesso sul mio Facerover ho 25 amici: Bruno, Ale, Andry, Pollo, Stiven, Trillo, Pancino, Catta, Nanni, Oscar, Riky, Niky, Paul, Dani, Angelo, Rudy, Lollo, Matti, Giorgio, Checco, Porfi, Lollo, Daniele, Jury, Cristiano, Lorenzo…a tutti Grazie !!

Buona Strada.

Big

Campo Mobile Invernale 2007

Monte Nerone, 27-30 dicembre 2007.

Tutto ebbe inizio una fredda mattina di fine anno, esattamente il 27 dicembre 2007, quando 9 baldi giovani (scusate: 8+1…provate a indovinare chi è quell’uno che è già nel mondo degli –enta  )si ritrovarono alla fermata della corriera per intraprendere una nuova, incredibile avventura: i pionieri del Nettuno si apprestavano infatti per la prima volta a vivere un campo mobile invernale. Zaini in spalla, con ancora i segni delle lenzuola sui volti, i 9 salirono quindi di buon’ora sul mezzo che li avrebbe condotti a Piobbico. Giunti a destinazione, dopo una breve colazione rigeneratrice, e dopo aver recitato le lodi mattutine, il plotone potè quindi dare inizio alla spedizione, diretto alla volta di Apecchio. La prima giornata tutto sommata si è rivelata abbastanza accomodante, soprattutto tenendo conto della splendida casa in cui abbiamo alloggiato la sera. Il secondo giorno invece, in particolare soprattutto nella mattinata, i nostri hanno dovuto dare sfoggio di tutte le loro capacità atletiche per giungere sino ad Acquapartita. Qui, dopo un pranzetto consumato di fronte al noto ristorante “Da Mario”, è iniziata la discesa alla volta di Serravalle di Carda.
Serata lunga, fredda e tormentata, ma di certo interessantissima: il tema era quello dell’affettività. Aiutati da Sacco e Berlo abbiamo fatto alcune letture molto significative che hanno iniziato la nostra discussione sul tema del rapporto con le ragazze. Una breve interruzione della discussione per accogliere la guardia medica chiamata per nonno Cioffi e il vin brulè ha chiuso la nostra serata.
Sabato 29 ci aspettava la nostra cima Coppi: la salita e ridiscesa del Monte Nerone; da Serravalle di Carda a Piobbico passando per il rifugio Corsini. Una magnifica giornata di sole ha accompagnato la nostra strada, al calar del sole eravamo a Piobbico pronti per la tradizionale gara di cucina organizzata da Mattio. Pentola d’oro 2007 vinta dalla pattuglia Giova-Maro-Perla.
Il campo è ormai al termine, la domenica ci raggiungono il C.G. e la V.C.G. ed è già il momento di tornare a casa. Rimangono nel nostro cuore tutte le belle esperienze e i bei momenti, tutte le fatiche e tutte le risate che in questi 4 giorni abbiamo vissuto assieme.
Buona Strada.

Cicoli Giacomo
Brunori Francesco

Challenge 08: vince Jesi. Buona prova dei nostri.

Valle del Metauro, 10-11 maggio 2008.

Sacco: “pagati gli errori del primo giorno”

Si è appena concluso il Challenge 2008, tenutosi quest’anno lungo la valle del Metauro. Il percorso è partito dal Furlo ed è arrivato a Fano. La gara ha riconfermato detentori dell’ambita forcola il clan di Jesi, clan che ha conquistato anche la seconda posizione. Tutto è cominciato nella giornata di Sabato. Ore 17: scatta il via. La prima prova ci chiede di rispondere a dieci domande-indovinello; ad ogni correzione successiva alla prima, alla presenza anche di un solo errore, la pattuglia viene sanzionata con l’obbligo di effettuare dieci flessioni sulle braccia. Si procede fino al momento in cui la pattuglia consegna il foglio con tutte le risposte esatte (la domanda più difficile: qual è quella cosa che inizia per B, finisce per A e contiene una sola lettera?). La pattuglia Ale-Sacco è la prima a superare la prova; deve perciò registrare la propria partenza e il nome della pattuglia… e iniziano le prime polemiche. Il nome scelto dalla pattuglia (“La lega dell’amore – Elio presidente”) viene clamorosamente rifiutato. “Era troppo lungo”, cosi si è giustificato uno degli organizzatori. Il nome è stato quindi ridotto alla sola parola “amore”, gettando nel più grande sconforto il sottoscritto, che aveva comunque già partorito il suo nuovo slogan (“alla fine a vincere è sempre l’amore”). La pattuglia Loacher, composta dalla famiglia Rivelli e Nicolò parte subito dopo e così la compagine Nettuniana si ritrova in testa alla seconda prova, organizzata proprio dal nostro CC Bruno. Ora si trattava di costruire dei friscaletti con una canna di bambù e i nostri coltellini; buono il risultato della pattuglia Loacher, che ha costruito secondo il nostro CC il migliore dei friscaletti che ha visto realizzare; altrettanto non si può dire per la pattuglia Amore, il cui fischietto ha concesso un sibilo appena udibile. Il punto seguente è la tanto famosa “Testa del Duce”. Comincia un’intensa salita e se ne vanno le prime lattine di Energia e Energia Cola (la novità più importante del Challenge). La compagine nettuniana scala tutta unita, ma decide di percorrere un sentiero “alternativo”, perdendo così la retta via. Si ritorna indietro e si rimbocca la via giusta, ma il vantaggio accumulato è andato ahi noi perduto. Risalendo dal nuovo sentiero abbiamo però allungato il percorso e siamo arrivati alla terza prova (osservazione) già con un certo ritardo rispetto alle prime pattuglie. È ormai tardi; il sole tramonta e iniziano i primi veri problemi. Tre pattuglie sono già scese a valle, dopo essersi cimentate alla prova di segnalazione. Altre nove pattuglie hanno atteso il rinforzo di Giova per ritrovare la strada maestra. Sei pattuglie son state guidate in fondo da altri due capi, ma una pattuglia rimane ancora dispersa: “siamo in fondo ad un ghiaione, non possiamo né salire né scendere”. E così, dopo una tormentata odissea, tutte le pattuglie vengono condotte al Pelingo, sede dell’accampamento notturno. Anzi, tutte tranne una! La pattuglia intrappolata nel ghiaione ha deciso infatti di accamparsi in loco e rinunciare alla gara. Sono ormai le undici e mezza; c’è giusto il tempo di mangiare qualcosa e di riposare quelle cinque ore. Si riparte infatti di buon mattino; la pattuglia Loacher deve infatti fare una bella levataccia, risultato di una regola che ha fatto molto discutere, ma che alla fine è stata comunque accettata. “In questi casi ci vuole un forte senso delle Istituzioni” ha commentato la pattuglia Amore (la pattuglia Amore è stata notevolmente avvantaggiata dalla decisione, ndr). Si inforcano le biciclette alla volta di Fossombrone, dove è stata affronta una prova a tempo in bici. Da lì ci siamo diretti alla volta di Pian di Rose, prova di espressione. Nel tratto Fossombrone – Pian di Rose si registra uno spiacevole inconveniente per la pattuglia Loacher: la bicicletta di Nicolò si deve fermare per una foratura (rimarrà l’unica foratura su 90 gomme di tutte le biciclette del Challenge). L’ammiraglia nettuniana, pilotata dal nostro CC ha dovuto provvedere alla sostituzione del mezzo. Da Pian di Rose ci siamo diretti a Fiordipiano, per affrontare il gioco di Kim tattile, e infine ci siamo diretti al mare, attraverso alcuni sentieri dalla folta vegetazione che da Bellocchi ci hanno diretto a Fano, in località Madonna Ponte. Ci siamo recati in spiaggia per affrontare la prova di Canoa; prova superata molto bene dalla pattuglia Amore, che ha fatto segnare un buon tempo, malgrado le difficoltà iniziali. Meno fortunata la prova della pattuglia Loacher, che ha schierato la squadra Rivelli. I due si sono ben comportati nelle prime battute, ma si sono purtroppo persi nel finale; Nicola è andato in confusione e Federico non è stato in grado di aiutarlo, vedendolo in difficoltà (a presto il video su Youtube di entrambe le prove). Da registrare un fuori programma: la pattuglia Amore si è concessa ad un bagno pre-estivo, dettato da un esigenza di igiene. Tornati alla pineta abbiamo affrontato l’ultima prova, la gara di cucina, che prevedeva la preparazione degli straccetti alla romana. Il Challenge è poi terminato con la premiazione e la ss. Messa.
Grandi complimenti vanno rivolti alla pattuglia Boy di Jesi, vincitrice della gara. Per quanto riguarda il clan Nettuno, la pattuglia Amore si è classificata decima, mentre i Loacher sono arrivati quattordicesimi.
Congratulazioni anche a Nicolone del clan Aldebaraan di Fano, la persona indicata dai più come il vincitore morale di questo Challenge, uno che doveva essere quasi di peso (peso che non gli manca, si capisce dal soprannome) e che invece è stato un grande trascinatore della propria pattuglia, contribuendo ad un buon piazzamento.
In una giornata come questa, però, va detto che a vincere sono stati tutti, perché dopo tanto sudore e tanta fatica, dopo tanto impegno e tanta passione messa in gioco nessuno, e ripeto, nessuno può sentirsi un perdente.
Questo è quanto.

Alessandro Cicoli, Pattuglia “Amore”

Per fare una sedia ci vuole il legno

Cappuccini, 01-02 dicembre 2007.

Penso che poche persone siano consapevoli di quanto possa essere difficile costruire una sedia di legno … si proprio così, una “banalissima” sedia di legno. Cosa ci vuole.. solo qualche paletto, qualche tavola, un po’ di corde. Questo era quello che pensavamo prima dell’uscita che si è tenuta l’1-2 dicembre presso il convento dei frati Cappuccini a Fossombrone.

Il primo giorno dell’uscita era andato tutto liscio: solo divertimento, concluso con castagne calde e dolce vin brulé. L’amaro doveva ancora arrivare. L’indomani il risveglio era stato allegro per tutti. Ovunque facce sorridenti: non vedevamo l’ora di iniziare a costruire. All’ordine del giorno la costruzione di una sedia attraverso la tecnica del froissertage. Proprio così, ci sembrava troppo facile costruire una “banalissima” sedia in legno con corde e cordini. Dunque armati di seghe, segacci, scalpelli, scalpellini e raspe varie abbiamo cominciato a mettercela tutta. Tutto era così facile, troppo facile. Il lavoro progrediva tranquillamente. Ecco comparire i primi incastri nelle gambe, poi nello schienale, infine nei braccioli (volevamo renderla proprio comoda). Ma, ovviamente, poiché dietro tutto ciò che è semplice si nasconde sempre qualcosa di più grande e impensabile a prima vista, così accadeva anche nel caso della nostra impresa. Gli incastri erano ormai completi, il gioco era fatto, non rimaneva che unire il tutto.. ma era proprio questo il problema. Tra incastri troppo stretti o troppo larghi, misure sbagliate o troppo esatte, errori più grandi e meno grandi non riuscivamo proprio a venirne a capo. Morale della favola.. l’oggetto partorito con tutta la nostra pazienza e buona volontà si mostrava come una sedia storta e sbilenca, instabile come un pan-brioche mangiucchiato dal basso verso l’alto. L’opera, quindi, non poteva certamente definirsi conclusa: sarebbe servita ancora molta pazienza e soprattutto tanta colla per legno ;-D .

Ora mi viene da pensare: che cosa succederà fra qualche mese alla nostra stravagante sedia in legno? Forse rimarrà semidistrutta e dimenticata in un qualche angolo oscuro di un vecchio magazzino ricoperto di polvere e magari rischierà anche di essere utilizzata come buon legno da ardere?
No, no. Di certo non finirà così. È molto più probabile che, intatta e solida, arrederà splendidamente la sede di Clan.

Rivelli Nicola

Primo torneo di calcetto tra branche

Villanova, 10 settembre 2007.

Lunedì 10 settembre 2007: una data memorabile per la branca gialla del gruppo Calcinelli 1°. Ancora emozionati i vincitori, Akela, Bagheera, Phao, Mysa e Ferao. Entusiasti ed esultanti per una vittoria che sembrava abbastanza improbabile dalle statistiche. Prima delle partite turbinavano voci e bisbigli in un uragano di opinioni che statisticamente davano per certa la vittoria della branca rossa. Solo qualche mormorio solitario si innalzava alla brezza della sera intimorito dalla combattività della branca gialla. Una branca, che per vincere si è battuta con grinta contro la temibile staff esploratori, capeggiata dalla minacciosa punta di diamante Berloni. E che dire della branca rossa? Tra novizi e rover, poteva essere considerata (e lo era) un concentrato di potenziale calcistico allo stato puro, pronto ad esplodere in una scarica di goal, con un effetto psicologicamente devastante per gli avversari. No, invece, non è stato così. Le aspettative non sono state rispettate. Un brutto errore quello di sottovalutare gli avversari, soprattutto se agguerriti e pronti a ribaltare le apparenti previsioni del destino, attraverso una grinta inaudita, un gioco di squadra affiatato come in un perfetto clima di Famiglia Felice, un’allegria e una giocosità, che si oserebbe definire, “tipicamente lupettara”.
Ci sono comunque stati ardui momenti di gioco: primo fra tutti quello del debutto contro i verdi, che in appena cinque minuti hanno castigato i Vecchi Lupi con una raffica di tre goal. Si presagivano tempi duri per i gialli, ora divorati da un leggero sconforto psicologico, ma non da cupa rassegnazione. I Vecchi Lupi ora si guardavano negli occhi: si era come materializzato sul campo un intricato disegno di sguardi, che, invisibile, ma perfettamente percepibile, emanava un desiderio di reazione. Una nuova grinta ora animava i gialli: il rinvio, il controllo di Akela, il passaggio a Bagheera, il tiro in porta, Sacco che non ce la fa, e infine, sorprendente, sempre sbalorditivo e inaspettato, il goal. La partita era di nuovo aperta.
E che dire poi dei rigori? La partita tra verdi e gialli si era conclusa sul tre a tre e la scelta era obbligata.
Un tiro dopo l’altro si susseguiva nell’eterna cadenza dei rigori: il tempo si fermava a istanti con il respiro degli spettatori e riprendeva solo successivamente, con i sospiri, di sollievo o di dispiacere, dei giocatori. Ed ecco gli ultimi tiri, ora ad oltranza. Burchi sul dischetto, si prepara, corre verso il pallone, sferra il colpo, la palla avvampa piena di velocità, si dirige in porta, sembra dentro, è proprio lì … invece no, incredibile parata di Phao! Non è però ancora finita. Bagheera si appresta al tiro: se lo fa la branca gialla vince. Un colpo secco, veloce, la palla svelta si dirige nell’angolo destro: è rete, il portiere spiazzato.
I gialli ora “volano a Berlino”! I rover sono davvero temibili: la coppia Menconi, Gasparini sembra dotata del dono della telepatia. I rossi corrono, palleggiano, scartano con semplicità gli avversari, rubano la palla come caramelle ad un bambino e, pur tuttavia, non vincono. Uno, due, tre goal per i gialli e alla fine il quarto. Quattro a tre per i “lupettari” e l’arbitro fischia: la partita è finita, i vincitori esultano.
Questi sono solo alcuni dei ricordi più belli del torneo, un’esperienza sicuramente da riproporre negli anni venturi. Intanto la branca gialla esulta, soddisfatta e felice. Ora parla Akela: complimenti ai Vecchi Lupi che hanno fatto tutti del loro meglio: è stata veramente una cosa ben fatta.

Mysa

Euromoot 2007: Il Nettuno c’è!

Monti Tatra (Slovacchia/Polonia), 3-12 agosto 2007.

Appuntamento importante quest’anno per il Clan Nettuno, che dopo 4 anni di distanza dall’Eurojam, è tornato nei luoghi del suo primo campo internazionale: l’occasione è stato l’Euromoot 2007, ossia un campo mobile continentale sui monti Tatra, catena montuosa al confine tra la Slovacchia e la Polonia. Così i nostri, zaino in spalla e teste rigorosamente rasate per timore delle famigerate zecche, sono partiti dalla stazione di Fano il 3 agosto, consapevoli che avevano davanti a loro un viaggetto di circa 24 ore per raggiungere Levoca, luogo di partenza del campo. Giunti a destinazione, siamo stati subito suddivisi in troncone ed abbiamo così fatto conoscenza di “Mr. Bean” Martin, il simpatico e buffo tedesco che sarebbe stato il nostro punto di riferimento per tutta la durata del campo. Immancabile è arrivata la pioggia, che ci ha accompagnato per tutto il nostro primo giorno in terra slovacca, per abbandonarci soltanto a sera inoltrata: una fortuna, direte, visto che proprio in quella serata era fissata la cerimonia d’apertura, ma forse i presenti saranno stati di altra opinione, considerate le “allegre”danze proposte dalla rappresentanza francese, e l’ “interessante” scenetta (durata circa 1 ora e mezza) curata dalla delegazione polacca. Il giorno successivo si è tenuta la Messa comunitaria presso il santuario mariano di Levoca: celebrazione presieduta dall’arcivescovo locale e che si è svolta secondo il rio ortodosso, oltre che in lingua slovacca. Il nostro Clan si è reso anche in questa circostanza protagonista, per aver reso il servizio di accompagnare i parroci nei luoghi prescelti per la distribuzione dell’Eucarestia: i nostri Rover si sono così trasformati in una specie di bodyguards e hanno rispettato alla perfezione le direttive che gli erano state affidate. Quindi il pomeriggio i vari tronconi si sono trasferiti in pullman nei rispettivi punti di partenza dei loro percorsi. E così iniziava la parte fisica dell’Euromoot. Abbiamo quindi trascorso tre giorni di cammino, decisamente abbastanza faticosi, anche per il fatto che nell’Europa dell’Est hanno una concezione molto strana dell’idea di sentiero: semplicemente non esistono tornanti, quindi a volta ci sembrava di sfidare perfino le leggi fisiche della gravità per fare magari soltanto 50 metri di dislivello. Queste giornate sono state comunque vissute in grande armonia in tutto il Clan ed anche nel nostro modulo, in cui ci siamo subito integrati bene coi ragazzi di Ancona, Ripe, Pergola, Castelferretti e Roma. Le tante attese zecche non ci hanno fortunatamente fatto visita e forse l’unico vero problema è stato la disponibilità di acqua, potabile e non. Dopo tre giorni di duro cammino, in cui avevamo vissuto anche l’esperienza del rafting (Giova lascia stare la biondina in gommone con noi!!!), ci attendeva un giorno abbastanza leggero, con soltanto due ore di cammino e sei di viaggio in pullman per raggiungere Olsztyn ed arrivare quindi finalmente in Polonia. Qui ci siamo ricongiunti con l’intero campo ed è stato decisamente affascinante vedere questa spianata che pullulava di tende di ogni tipo e in cui si viveva a pieno la fratellanza europeistica che anima il nostro movimento. Venerdì 10 avevamo tutta la giornata libera e si è optato per riposarci e fare qualche attività di modulo per prepararci al meglio al pellegrinaggio che ci attendeva la sera stessa. Quindi la sera ci siamo trasferiti al punto di partenza del pellegrinaggio, non mancando la tradizionale cena tipica in un ristorante del luogo. La serata è stata ricca di importanti avvenimenti: innanzitutto è stata vissuta la Partenza di Davide, Akela di Ripe, che ha voluto condividere questo momento con tutto il modulo. Quindi il generale Berlo è entrato a far parte a tutti gli effetti della comunità dei rover del Clan Nettuno, firmando la carta di Clan: complimenti Generale! Successivamente si è tenuto il fuoco conclusivo del campo, ancora una volta inspiegabilmente diretto dalla delegazione francese, che non si è rivelato certo migliore della cerimonia di apertura. Quindi è partito il pellegrinaggio, o forse sarebbe meglio definirlo il calvario o la via crucis. Abbiamo camminato tutta la notte diretti a Chzestochowa, e dopo un intero campo mobile alle spalle, è stato un vero proprio miracolo giungere tutti più o meno sani e salvi sulle nostre gambe al santuario mariano. Mi rivengono in mente le parole di Franchi dè Cavalieri poco prima della partenza: “stiamo per fare qualcosa di grande”. Molte volte in quella notte ho pensato a quelle parole e sono giunto alla conclusione che forse stavamo davvero facendo qualcosa di unico. Credo sia superfluo aggiungere che la Messa all’arrivo del pellegrinaggio sia probabilmente stata la meno seguita della storia della religione cristiana, visto che l’immenso prato del santuario sembrava più un’orda di sfollati e reduci dal 15-18, piuttosto che un gruppo di scouts. Nella folla vi erano solo 6 figure che sembravano vispe e piene di vitalità: ovviamente sto parlando del Big, Bruno, Cioffi, Ricca, Burchi e la Lalli, che si sono fatti migliaia di km di viaggio in camper per salutarci alla fine del campo e vivere la Messa comunitaria insieme a noi: mitici!! Dopo i saluti di rito (vero Giova???) ci siamo diretti alla stazione e siamo saliti sul treno che ci avrebbe riportato in Italia, con lo zaino di certo meno leggero rispetto all’andata, ma con un bagaglio di esperienze ed emozioni indescrivibili.

Alla fine dell’avventura posso dire che nonostante come campo mobile non sia stato certo il migliore è stata un’esperienza che sono felice di aver vissuto assieme a tutta la comunità del Clan e assieme a tutto il modulo marchigiano.

Quindi, in vista delle future, prossime avventure

Forza Clan Nettuno,
sempre avanti a vele spiegate!
Giacomo Cicoli, Tigre Bianca delle Nevi

Challenge del Centenario

Frasassi, 12-13 maggio 2007.

Il challenge di quest’anno si è svolto a Frasassi, nel parco della Gola della Rossa. Per celebrare i 100 anni dalla fondazione del movimento scout si è deciso di organizzare un challenge unico per AGESCI ed FSE.
Tutte le 67 pattuglie si sono date battaglia, hanno sudato, hanno fatto del proprio meglio per cercare di avere la possibilità di stringere fra le mani quella forcola che è destinata alla coppia più meritevole.
Inizialmente ci è stato segnalato tramite alfabeto morse il primo punto da raggiungere sulla cartina; prima di partire ogni coppia doveva ritagliarsi il proprio numero sulla stoffa e cucirselo sui pantaloni; personalmente la mia pattuglia ha avuto qualche difficoltà (si è staccato dopo 1 ora), prendendo un pessimo punteggio.
Camminiamo per circa un chilometro e ci attende già la seconda prova.
C’è un po’ di fila, ma la prova è di quelle eccitanti: bisogna attraversare il fiume. Possiamo farlo in vari modi: a piedi (1 punto), sul ponte tibetano (3 punti), passaggio alla marinara senza zaino (4 punti), passaggio alla marinara con zaino (5 punti). Io e il mio compagno di squadra Nicola Rivelli abbiamo optato per il passaggio alla marinara senza zaino.
Superata la prova dobbiamo addentrarci nel bosco; tra un sentiero e l’altro ci imbattiamo nella prova di pronto soccorso. Terminata la prova ci viene consegnato un quiz sullo scoutismo, che dobbiamo consegnare alla tappa successiva.
Fatto ciò ci viene dato il punto successivo; è quello dell’ultima prova del primo giorno. Prima di arrivare al campo dobbiamo tagliare un dischetto di un tronco, tenendo la sega da entrambe le estremità: la nostra pattuglia ha fatto segnare il record di 18 secondi, ottenendo il punteggio più alto.
Arrivati al punto di accampamento ci affrettiamo a costruire un riparo per la notte (che ci è valso 10 punti in classifica) e mangiamo la nostra meritata cena. Dopo un breve fuoco serale (siamo stanchissimi) andiamo a dormire nei nostri perfetti tendolini.
Il mattino seguente ripartiamo con l’ordine inverso con cui siamo arrivati la sera precedente; essendo arrivati a metà classifica (più o meno) siamo ripartiti alle 7.15 (pensate che c’è chi è partito alle 6.30!!!). Per colazione, oltre ai classici Nesquik e Gocciole ci scoliamo un’intera lattina di “Energia” (una sottomarca del Redbull), divenuta ormai la bevanda ufficiale dei Challenge.
La prima tappa del giorno ci porta al Monte S. Pietro, dove ci viene chiesto di fare uno schizzo panoramico della zona, orientandoci senza la bussola. Da qui dobbiamo arrivare fino alla Grotta del Vernino per affrontare la seconda prova, che consiste in un gioco di Kim sonoro; la nostra pattuglia ha riconosciuto 18 versi di animali, ottenendo un buon punteggio.
Finita la prova dobbiamo tornare indietro e riprendere il sentiero che avevamo lasciato per raggiungere la grotta; dopo salite e discese percorse sotto un sole cocente ci scoliamo un’altra lattina di Energia e otteniamo le forze sufficienti per raggiungere la terza prova giornaliera: quella della bussola. La prova prevede la costruzione di una bussola artigianale, ottenuta riempiendo una scodella con dell’acqua e sistemando un ago magnetizzato su una foglia sospesa sull’acqua. Con la bussola percorriamo un azimuth che ci porta alla scoperta della lettera segreta, comunicata poi al capo della prova.
Fatto ciò ci dirigiamo verso la prova successiva; per arrivarci ci viene dato un azimuth: 45°N. Per non rischiare di sbagliare tagliamo dritti tra rovi, rami e spine, ma arriviamo precisi al punto della penultima sfida. Dobbiamo stimare l’altezza di un albero; velocemente comunichiamo la risposta al responsabile della prova, che ci comunica l’esattezza del dato raccolto.
Manca ormai solo una prova: quella di segnalazione. Segnalo una frase al mio compagno di squadra: lui la traduce e mi comunica una parola in alfabeto semaforico. Purtroppo la mia scarsa conoscenza del semaforico mi permette solo di intuire la parola, che però è inesatta.
Pazienza, siamo quasi alla meta. Manca poco, dobbiamo scendere a valle. Perdiamo tempo a girare per trovare un sentiero e sprechiamo minuti preziosi. Un’ora dopo raggiungiamo l’arrivo; abbiamo tempo per un pranzo veloce ed è gia tempo della messa.
Finalmente arriva il momento più atteso: la consegna della forcola. A conquistarla è stata la pattuglia 50 dello Jesi I, che ha superato brillantemente le prove con un tempo eccezionale (complimenti!). Per dovere di cronaca va detto che le prime 5 posizioni sono state tutte conquistate da pattuglie FSE, il che ci ha parecchio inorgoglito.
Il Nettuno ha visto primeggiare la pattuglia 43 (Cicoli F., Rivelli F., Pompili N.), classificata al 13mo posto; si è ben comportata anche la pattuglia 44 (Berloni A., Gasparini D.), che è andata ad occupare la 15ma posizione. La pattuglia 41 (Marinelli G., Cicoli G.) si è classificata 19ma e la nostra (la n°42) ha raggiunto il 21mo posto.
Non c’è che dire: un buon risultato. Va però detto che ormai il nostro caro “Filippo” si sente solo e due anni di solitudine sono troppi. Forza vecchio… tra un anno ti riporteremo ciò che ti spetta! Forza Clan Nettuno, sempre avanti a vele spiegate!

Alessandro Cicoli

Ascolto o sento solamente ?

Pelingo, 17-18 marzo 2007.

Sabato 17 alle ore 16:00 ci siamo incontrati (però io, Damio, non c’ero perché avevo la partita che modestamente ho vinto) in piazza e siamo partiti per il Furlo, punto di incontro di tutti i Rover e Scolte della Regione Marche. Qui ci siamo divisi in pattuglie e abbiamo camminato fino al Pelingo, dove lungo la strada ci sono state tre rappresentazioni e dove qualcuno ha anche cenato.
Arrivati al Pelingo c’è stata la parte più divertente della giornata (Sk): l’ASSALTO ALLE CAMERE!; mentre ci dicevano in che palazzo dovevamo andare per dormire è arrivato Giova che, in grande stile e ci ha portati davanti a una misteriosa porta chiusa… e qui davanti ci disse: “Bene, ragazzi, questa è la vostra camera, l’ho riservata apposta per voi!!”
Vedendola c’è stato come un urlo liberatorio di grande entusiasmo.
Dopo questa vicenda abbiamo vissuto un momento di preghiera con il monaco benedettino di Fonte Avellana “Frigerio” che devo dire essere stato molto “interessante” anche se qualcuno “forse” dormiva.
Finito il momento di preghiera abbiamo fatto tutti insieme il fuoco serale che era basato sulla rappresentazione di “quadri statici” sui titoli che ogni pattuglia aveva redatto per ogni rappresentazione vista lungo il cammino. Ci sono state rappresentazioni molto belle ma alcune erano davvero scadenti. Cantato “Signor fra le tende schierati”, siamo andati a dormire … ma non tutti, perché il sottoscritto ha avuto da fare la veglia prima dell’importante cerimonia della firma della carta di clan.
La mattina seguente, siamo partiti per andare a fare dei giochi in una pianura sotto il Pelingo.
Qui ridivisi in pattuglie, abbiamo fatto 5 giochi dove alla fine quelli che l’ha spuntata è stato il nostro Midi che con la sua pattuglia (composta di sole donne) … susson !!!
A mezzogiorno ci siamo trasferiti di nuovo al Pelingo per fare la tanto attesa “GARA DI CUCINA”.
L’argomento della gara era “ORECCHIETTE con FANTASIA”. Noi abbiamo presentato ad una “losca” giuria un primo piatto di orecchiette cucinate con tre diversi sughi: il primo era “zucchine-pancetta”, il secondo con “zucchine-pendolini-ricotta” e l’ultimo con “salsiccia-pancetta”. Di seguito alla gara di cucina abbiamo partecipato alla S. Messa celebrata dal parroco di Pesaro .. che indossava a dir poco una strana tunica !!!. Conclusasi abbiamo fatto il quadrato di chiusura dove c’è stata la premiazione della gara di cucina con il terzo posto di Ancona, il secondo posto di Pesaro e al primo posto a pari merito Fano e Cupramontana.
Ecco perché prima avevo precisato che la giuria della gara di cucina era “losca”.
Perché non può arrivare seconda Pesaro e addirittura prima Fano. Come atto conclusivo, ma questo è stato solo per il nostro clan, c’è stata la mia firma della carta di Clan.
Abbiamo fatto la cerimonia un po’ più in giù, dove potevamo essere più soli. E’ stata una bella cerimonia ma sarebbe stata più bella se oltre a me, Rivo N e F, Sacco, Giova e Midi ci fossero stati anche tutti i componenti del clan. Comunque la cosa più importante non è stato vincere la gara di cucina o vincere tutti i giochi, ma mettersi in ascolto degli altri e vivere due bei giorni in amicizia.

Damiano, Volpe Spavalda

Uscita San Paolo

Fonte Avellana, 27-28 gennaio 2007.

Nell’anno 36 d.C. nella via verso Damasco veniva folgorato Saulo di Tarso, divenuto poi San Paolo. Nell’anno 2007 d.C. il Clan Nettuno si accinge a ripercorrere le tappe più rilevanti della vita del santo in un’uscita improntata unicamente sulla sua figura.
Sabato 27, dopo esserci riuniti, abbiamo caricato gli zaini e siamo partiti alla volta di Fonte Avellana. Giunti sul luogo dell’uscita ci siamo accorti con manifesta felicità che attorno a noi tutto era imbiancato dalla neve del giorno prima. A questo punto c’era chi si scagliava contro ignare vittime, armato di venticinque palle di neve per mano; chi tendeva agguati e seppelliva, una volta caduti in trappola, gli sfortunati individui che erano stati colti alla sprovvista e chi infine, perso nell’eccitazione del momento, faceva pupazzi di neve. Dopo questo primo momento di follia generale qualcuno si è accorto d’essere dentro il cortile di un monastero, luogo di silenzio, e non di schiamazzi. Si è così optato per l’autocontrollo. Subito Giova è andato a cercare i frati …. Ops!!! Monaci, volevo dire, che prontamente ci hanno accolto e mostrato la nostra stanza, anzi direi casa, in quanto era completa di tutte le automatizzazioni, che possono trovarsi nelle abitazioni più moderne e tecnologiche o nei maggiori hotel. Mi stò riferendo alla luce che si accendeva con un sensore di movimento, al riscaldamento della doccia, che utilizzava lo stesso metodo, ai due bagni completi di tutto e anche ai venti letti a castello a nostra completa disposizione. E noi che pensavamo ci dessero delle celle!! (Anche se sono convinto che nelle loro, i monaci hanno il computer). Comunque eravamo tutti doppiamente felici nel constatare che per una volta non avremmo litigato per chi avesse dormito sopra nei letti a castello.
Dopo esserci sistemati abbiamo deciso di seguire una visita guidata al monastero, durante la quale siamo divenuti esperti storici e ci siamo impossessati dei più profondi segreti di queste antiche mura. Terminata la visita, arricchiti nella mente, ma non nello spirito, abbiamo deciso di partecipare ai vespri, preghiere serali cantate dai monaci. Abbiamo compreso in quest’occasione quant’è difficile seguire con la voce un pentagramma. In mezzo ad un grande stonaticcio generale abbiamo recitato le preghiere e siamo tornati nella nostra reggia.
Dopo un frugale pasto di sole due ore, la pattuglia d’animazione ha presentato la propria attività, un gioco dell’oca, nel quale erano ripercorse tutte le maggiori tappe della vita di San Paolo. Dopo aver superato le solite contestazioni dovute ad una dubbia imparzialità degli arbitri, abbiamo deciso all’unanimità di andare a dormire.
L’indomani, recitate le lodi, sono iniziati i soliti preparativi pre-camminata. Dico soliti senza, però riferirmi a Maro, il quale, avendo dimenticato il berretto di lana a casa, si è cimentato nell’arte orientale della creazione dei turbanti, utilizzando sciarpe e materiale di fortuna reperito negli zaini altrui. Tutto era pronto per la scalata che, interrotta qua e la da sanguinosi agguati, proseguì nel migliore dei modi. Più che camminata si deve però parlare di nuotata, in quanto essendo la neve alta come le ginocchia, ci siamo ritrovati ben presto zuppi. Tutto sembrava esserci favorevole, ma giunti vicino alla meta una tormenta ha investito il nostro cammino rendendo impossibile l’avanzata. La tormenta, oltre che il freddo, ha portato con se anche qualcosaltro: mi sto riferendo al Clan di Cupramontana incontrato nella nostra identica situazione sulla cima del monte (com’è piccolo il Mondo!!). Abbiamo così deciso di tornare alla casa, ma questa volta non camminando o nuotando, bensì scivolando e rotolando dalla cima del monte verso valle.
Siamo giunti così abbastanza presto a destinazione, tutti fradici ma pronti a rifare ogni cosa da capo.
Dopo un buon pranzo ci aspettava un monaco per una “lectio” improntata su San Paolo. Questa si è rivelata per quasi tutti i componenti interessante e ricca di attualizzazioni, mentre per alcuni un potente soporifero!!! Conclusa l’uscita con la riflessione su San Paolo siamo passati ai saluti, sicuri d’aver compreso qualcosa di più su questo grand’uomo che ebbe “il coraggio di cambiare”.

Buona Strada.

Federico Rivelli