Uscita di Riparto a San Bartolo

San Bartolo, 27-28 novembre 2004.

Sabato pomeriggio, dopo un breve viaggio con le auto dei nostri genitori, il riparto è giunto alla casa d’accoglienza di S. Bartolo. Subito l’attività di topografia ha mostrato le grandi tecniche degli squadriglieri. Il lavoro consisteva nell’osservare il paesaggio e l’ambiente circostante, eseguire un sopralluogo e relazionando il tutto. Alle diciotto circa si è conclusa l’attività e da quel momento in poi abbiamo avuto il pomeriggio libero. Verso le diciannove abbiamo cenato e successivamente si è svolto il “fuoco” durante il quale, ogni squadriglia ha dovuto preparare una scenetta che avesse come trama la parte iniziale del capolavoro di Alessandro Manzoni “i Promessi Sposi”. Il risultato è stato a dir poco… penoso! Si è passati dal blasfemo alla pornografia, dalla tossico-dipendenza al reality show. Tutto sommato ci siamo divertiti. Per fortuna il fuoco è stato animato dal nostro aiuto-capo riparto Alessandro Berloni che ci ha fatto cantare nuove canzoni e divertire con simpatici giochi. Conclusosi il fuoco, noi squadriglieri ci siamo sistemati dentro una casa della casa d’accoglienza per passare la notte e finalmente, dopo lunghe lotte tra l’alta squadriglia e i novizi, che non volevano dormire, siamo riusciti ad addormentarci. La mattina seguente, svegliati di buon’ ora abbiamo pregato e, sotto la supervisione di Rodolfo Rossi, abbiamo effettuato una chilometrica corsa per le piccole vie di S. Bartolo. Alla fine della corsa abbiamo eseguito, chi più, chi meno, tutti gli esercizi di B.P. Dopo una buona colazione che ci ha rifocillati, siamo subito passati alla seconda attività di topografia che, a mio modesto parere, è stata molto interessante sia per me che ero già esperto, sia per i novizi che hanno avuto il loro primo impatto con questa importante tecnica. Dopo la topografia, zaini in spalla abbiamo affrontato una lunga passeggiata che ci ha portato nel luogo dove avremmo acceso il fuoco e mangiato. Durante il fuoco abbiamo scoperto le innate capacità canore dello squadrigliere degli Orsi Claudio che, ha allietato il nostro pomeriggio con inedite canzoni del suo repertorio. Consumato il pranzo siamo tornati alla casa d’accoglienza dove ci attendevano i genitori. E dopo che i componenti l’alta squadriglia hanno terminato di ripulire velocemente i locali dove avevamo passato la notte, siamo tornati a casa.

Berloni Francesco, capo sq. Orsi

Caccia delle Ammissioni

Beato Sante, 28 novembre 2004.

Domenica 28 novembre si è svolta la seconda caccia del Branco “Alte Rupi” di Calcinelli, presso il Santuario del Beato Sante. Il Branco, fra i mille e più giochi, ha conosciuto la storia della vita di San Francesco d’Assisi, patrono d’Italia ma soprattutto patrono dei Lupetti. Fra le altre cose, abbiamo anche scoperto, come Mowgli fu accettatto al Branco dei Lupi di Seeonee, grazie alle belle parole di Baloo e al toro offerto da Bagheera!! Nel pomeriggio, con il saggio aiuto di Baloo, abbiamo conosciuto la Preghiera del Branco, una bellissima preghiera di tutti i Lupetti, dedicata al “nostro” Santo Patrono. ‘E’ stata cosa ben fatta– ha commentato Akela. Tutti i Lupetti hanno cacciato lealmente, secondo la Legge….. Abbiamo conquistato tante prede, ma tante, ci anche sono scappate! Sono certo però, che gà dalla prossima riunione, tutti i Lupetti torneranno a fare del loro meglio, per conquistare tante altre prede, che saranno poi carne del Branco!
Buona Caccia

Akela

IV Compleanno Clan Nettuno

Bologna, 26 novembre 2004.

Come ogni anno, noi del Clan Nettuno, abbiamo organizzato la consueta uscita a Bologna per festeggiare l’anniversario della nascita della Branca Rossa Maschile a Calcinelli, rivivendo le emozioni che ci hanno accompagnato lungo questo cammino e facendo conoscere, ai sempre più numerosi novizi, “le nostre origini”.
Partiti dalla stazione di fano alle 06.30 del mattino, siamo giunti a Bologna e come prima cosa, siamo andati a fare la colazione più bella del mondo, perchè offerta da me (Dani) e Seby …. a causa di un banalissimo ritardo fatto in una banalissima domenica 🙂 … Ci siamo fermati in un banalissimo bar (così ci sembrava all’apparenza) per offrire come già detto la colazione più bella e ricca del mondo, anche se il menù era semplicemente una pasta e un cappuccino, ma pensate che siamo riusciti a spendere € 52.84 in 12 persone per un importo unitario di € 4.40 diconsi 8.500 delle vecchie lire a testa .. ECONOMICO IL BANALISSIMO BAR, VERO ?!?!?! Fatta la colazione e dopo aver rianimato Seby e il sottoscritto, abbiamo fatto il solito itinerario bolognese: prima alla Montagnola, dove è stata lanciata un’attività che si poneva come obiettivo approfondire la conoscenza di noi stessi, poi in Piazza del Nettuno, per osservare le origini del nostro soprannome (c…..i).
A causa della pioggia e del poco tempo a nostra disposizione, è mancato al consueto itinerario, la salita alla Torre degli Asinelli e la pattinata sulla pista del ghiaccio (quest’ultima impresa non eravamo riusciti purtroppo a farla neanche l’anno scorso).
Comunque abbiamo rimediato andando a far visita per la prima volta alla casa del nostro carissimo studioso bolognese, nonchè fratello scout, LOLLO, dove abbiamo pranzato e finito l’attività iniziata alla Montagnola. Grazie a Lollo per averci gentilmente ospitato anche se noi, sempre gentilmente, gli abbiamo distrutto l’appartamento.
Giunte le ore 15.00 del bellissimo pomeriggio bolognese, siamo ritornati in stazione per riprendere il treno che ci avrebbe portato di nuovo al nostro amato paesino di Calcinelli.

Daniela Del Vecchio

Uscita Alta Sq. Cinghiali

Cartoceto, 13-14 novembre 2004.

Finalmente la Sq. Cinghiali torna a far parlare di se con i nuovi capi e vice dell’anno scoutistico 2004-05. Infatti sabato 13 siamo partiti a piedi dalla sede, per arrivare Cartoceto in una casa di campagna di due capisquadriglia. Dopo circa un’ora e un quarto di cammino siamo giunti alla meta. Appena arrivati ci siamo goduti un po’ di riposo facendo le cose più idiote che si possono immaginare. Abbiamo passato più di un’ora ad ascoltare e cantare le canzoni di Cristina D’Avena dei cartoni più famosi di quando eravamo piccoli. Da James Bond Junior a Lupen III, passando per Occhi di Gatto a Cristoforo Colombo.Ci siamo divertiti un casino , ma alla fine non ne potevamo più di Cristina!!!
Mentre facevamo queste stupidate, Tado, Bera e Menco cucinavano. Il menù era molto abbondante: strozzapreti pasticciati, cotolette con patatine fritte e crepes alla nutella. Noi comunque non ci siamo fatti intimorire infatti non è avanzato niente, anche perché tutto era molto buono. Ringraziamo Bera che ci ha fatto conoscere l’arte delle crepe, grazie a lui Sacco è diventato un vero “maitre des crepe” ( anche se assomigliavano più a delle piadine :-D). Forse stata colpa delle crepe o forse dell’abbondanza della cena, ma i vapori che poi sono usciti… vabbhé chiudiamo qui il discorso. Dopo aver rimesso tutto a posto abbiamo fatto il fuoco serale organizzato dalla nostra cicala Menco. Il fuoco era fatto veramente bene e abbiamo cantato tutta la sera intorno alla fiamma. Quando i tizzoni ardenti stavano oramai per spegnersi siamo andati a “dormire”. Io penso che Nicolò non abbia mai ricevuto tane bastonate (ovviamente per scherzo) come quella notte. Qualunque pretesto era buono per fare una catassa su di lui. Così il nuovo passatempo della Sq. Cinghiali diventato quello di menare a Nico, anche se lui non è molto d’accordo. Dopo parecchie bastonate e quando ormai Nico era morente abbiamo iniziato finalmente a dormire. Il giorno dopo ci siamo svegliati pigramente un po’ alla volta, Sacco ha preso il suo ottavo caffè dell’uscita e tutti abbiamo fatto colazione. Nella mattinata il nostro ambulanziere, il Dottor Berlo, ci ha preparato un’attività. Essa consisteva nel costruire una barella e nello steccare il braccio del malcapitato (che guarda caso era proprio Nico). L’attività è stata molto interessante, ed ora sappiamo cosa fare se mentre meniamo a Nico gli si rompe un braccio o una gamba. Dopo l’attività abbiamo fatto una lunga chiacchierata con il caposquadriglia (o caporeparto); poi abbiamo acceso il fuoco per cucinare alla trappeur. Oltre alle classiche salsicce abbiamo provato a cucinare dei peperoni ripieni di riso che effettivamente si sono rivelati buonissimi. Dopo la gran mangiata siamo partiti, rimettendo in ordine la casa, per arrivare a Calcinelli in tempo per la messa pomeridiana. Dopo la messa l’uscita si è veramente conclusa.
Leggendo questo articolo si potrebbe dire che in realtà non abbiamo fatto grandi attività, spesso abbiamo giocato o fatto cose che all’apparenza possono sembrare un po’ stupide, ma in realtà tutto ciò ha un significato. Infatti quest’uscita è stata molto importante per lo spirito di Sq. Esso è ciò che anima la squadriglia, che la tiene unita e fa star bene le persone tra di loro. Perché la squadriglia è come un corpo umano, dove noi siamo le ossa e lo spirito è il legamento che ci tiene uniti per affrontare al meglio tutte le difficoltà. Quest’uscita è stata molto utile proprio per affiatare questo spirito, per rinforzarlo. Possiamo dire che ci siamo riusciti, ora la Sq. Cinghiali è molto più unita e affiatata e tutto ciò la rende imbattibile.

Rivelli Nicola
Segr. Alta Sq. CINGHIALI

Strada, Comunità, Servizio… ma soprattutto STRADA!

Apiro, 30-31 ottobre 2004.

Sabato 30 e Domenica 31 Ottobre si è svolta a Monte San Vicino, nei pressi di Apiro, la prima uscita novizi dell’anno. Neanche il tempo di svuotare lo zaino dall’uscita di passaggi che già si riprende il cammino. Però questa volta la strada è diversa: infatti non dovremo raggiungere i nostri vecchi fratelli scout, ma i nostri nuovi compagni d’avventura rover, più precisamente i nostri capi unità, vale a dire Giova, Lollo e Fix che ci accompagneranno durante tutto questo anno associativo. Dopo un paio di ore siamo approdati alla meta: qui si erano già riuniti quasi tutti i rover e capi unità. Celebrata la messa, siamo partiti per il nostro “sentiero” suddivisi in pattuglie miste: ognuno all’interno di queste aveva il compito di fare a conoscenza con gli altri e di parlare più o meno apertamente. Arrivati alla casa, poi, ci siamo descritti l’un l’altro di fronte all’intero gruppo. Terminata questa attività, giungeva quindi il momento della cena: ecco allora che abbiamo sfoderato i nostri forellini nuovi di zecca e abbiamo cucinato con tanto amore i nostri cari involtini: quello che non sapevamo, però, è che dovevamo cedere l’intero pasto al nostro compagno di pattuglia (L). Questo gesto, apparentemente insensato, aveva però l’importante ruolo di trasmetterci il significato di servizio. Dopo una bella serata passata alternando momenti allegri a chiacchierate più profonde, ci siamo dati la buona notte e abbiamo raggiunto i nostri caldi sacchi a pelo: dovevamo riposarci, anche perché non sapevamo quello che ci avrebbe atteso la mattina seguente… Svegliati e colazionati, ci siamo diretti fuori della casa per ricevere le ultime istruzioni riguardo la giornata. Come da pronostico, però, Maro aveva riavvertito il dolore alla gamba che lo ha poi costretto ad intraprendere un percorso alternativo (insieme a Giova). Invece noi tre poveri sfigati (Ale, Franci, Ciaccio) abbiamo dovuto affrontare l’insidioso percorso Monte San Vicino, senza possibilità di resa. Arrivati stremati alla prima sosta, abbiamo approfondito il senso di strada, già compreso molto bene durante la camminata. Con le gambe a pezzi abbiamo poi raggiunto l’arrivo in vetta, nonostante lo zaino ci avesse più volte trascinato giù durante la “scalata”. Ora l’unico pensiero era mangiare; ma mentre Giova e Maro se ne stavano rilassati, cucinando all’ombra di un comodo barbecue, noi dovevamo combattere contro ogni ostacolo che ci poneva la natura (terreno, escrementi di mucca, cani senza guinzaglio, ecc…). A Ciaccio piace mangiare al dente, ma non pensavamo così tanto da scolare la pasta ancora cruda: dopo averla condita con il sugo e con la panna, ci siamo resi conto che era meglio buttarla via che stare male per tutto il giorno. Per non parlare poi delle salsicce, un disastro. Meglio andare sul sicuro, fagioli in scatola (almeno quelli). Dopo un piccolo riposo, abbiamo approfondito l’ultimo pilastro del roverismo, la comunità, perfettamente illustrataci da Giova (che nel frattempo era tornato insieme a Maro) con una serie di giochini molto efficaci. Terminata l’attività, abbiamo rotto il cerchio e salutato i nostri nuovi compagni d’avventura; il tempo di qualche flash e via in macchina, stanchi morti. Durante il viaggio di ritorno, tra un pisolino e l’altro, ci siamo dilettati nell’inventa barzellette, un gioco ideato da Fix che ha già riscosso grandissimo successo (per informazioni telefonare a Maro e chiedere del muratore bergamasco). La zucca ci stava aspettando (quella di Halloween per intenderci). Ora pensavamo a goderci la serata, senza però dimenticare i preziosi insegnamenti.

BUONA STRADA CLAN NETTUNO,
SEMPRE AVANTI A VELE SPIEGATE!
(lo scrivono tutti, perché non posso scriverlo io???)

Cico

Caccia dei Passaggi

Prelato Alto, 24 ottobre 2004.

Domenica 24 ottobre 2004, i lupetti del branco “Alte Rupi” ha partecipato alla “caccia dei Passaggi”. 5 lupetti, Luca, Gianluca, Francesco, Gianmaria e Federico hanno infatti lasciato il Branco, entrando a far parte del riparto esploratori. A loro, un sincero Buona Caccia da parte di tutto il branco. Il resto del Branco, subito dopo la cerimonia, si è sfidato a colpi di “alberi” (riuscire a costruire alberi più grossi salendo uno sulle spalle dell’altro!!!!!) e di tanti altri giochi, arrivando poco prima di pranzo a formare le nuove Sestiglie dei Lupi Neri, Grigi e Pezzati. La giornata si è poi conclusa con altri entusiasmanti giochi e la cerimonia della S. Messa di Gruppo. Akela e i Vecchi Lupi, son certi che durante l’anno ogni Lupetto farà del suo meglio, impegnandosi sempre più nelle cacce, alla conquista di nuove prede che diventeranno carne del Branco.

Akela

Tante emozioni, tanta fatica

Carignano, 23-24 ottobre 2004.

Sabato 23 e domenica 2a ottobre si è svolta, come ogni anno, la rituale “uscita del passaggi”. Il Clan Nettuno, munito di tantissima voglia e carico anche dell’esperienza del Campo Mobile di Vipiteno di Agosto, è montato sopra le sue biciclette, e da Saltara ha raggiunto in solo un’ora e tre quarti La Casa del Gelso a Carignano (per chi non lo sapesse, una casa di Campagna che il comune di Fano ha dato al Gruppo Scout Fanese). Qui, seppure stanchi, i nostri Rover hanno creato un particolare effetto scenico per accogliere nel Clan i Nuovi Novizi (Ciacci Andrea, Cicoli Francesco e Alessandro, Marinelli Giacomo e Guiambartolomei Luca, purtroppo assente per motivi sportivi). Dopo una lauta cena, i nostri hanno partecipato alla Partenza del nostro fratello Giovanni Cicoli (Cioffi), cerimonia veramente carica di significato e traguardo importante per Cioffi, a cui sono state consegnate le strisce di color giallo verde e rosso (colori delle tre branche degli Scout) e la spilla RS: Cioffi è diventato un Rover Scout, ed è pronto a partire. Dopo un breve tratto in bicicletta (e una piccola avventura con dei ragazzi stranieri… fatevela raccontare dall’interessato!), il nostro Rover Scout è arrivato al Prelato Alto ed è ufficialmente diventato Capo Branco dei Lupetti. L’effetto scenico preparato con tanta cura dai nostri, non è riuscito per un pelo… accidenti! Per il prossimo anno è già pronta comunque un’altra idea per l’effetto pirotecnico (Fix…). Dopo la solenne cerimonia, i nostri si sono coricati e alle 8.00 di mattina Rossi Riccardo, Biagiotti Nicola e Berloni Alessandro hanno lasciato il gruppo per offrire il loro Servizio ad Esploratori e Lupetti. Dopo una stupenda Gara di Cucina (“Gnocchi” Gamberi e Vodka, Pomodori e peperoni ripieni di riso o pane con latte) che ha coinvolto un po’ tutti (immaginatevi Lollo che cucina…), i nostri hanno sistemato la casa e si sono diretti verso il Prelato Alto, ove durante la S.Messa il caro Don Peppe ha offerto la Comunione con le ostie fatte proprio dal Clan! Alcuni le hanno persino definite delle piadine… veramente squisite, comunque! E subito dopo via, verso Calcinelli, sfreccianti con le loro biciclette e con i loro zaini in spalla…

Quest’uscita è stata veramente positiva per tutti i membri del Clan (dispiace per Giamba e per i Cicoli, che Sabato notte ci hanno dovuto abbandonare sempre per motivi calcistici…), ed inoltre è stato stabilito un nuovo record: Carignano-Prelato Alto: 25 minuti! Il clan sta crescende anche dal punto di vista fisico-muscolare….

S.F.

2000/2001 Sei scout in cerca di un nome

Nicola Rivelli

Erano passati dieci anni dalla nascita del Gruppo e quella sera al parco Unicef di Calcinelli risuonavano le note dei canti Scout attorno al falò. La notte si faceva profonda intorno alla mole del castello abbandonato che ancora oggi sorveglia quella zona del parco pubblico. Le ombre delle fiamme danzavano svelte e portavano alla mente molti ricordi del passato. Così nascono i grandi racconti e le grandi storie: stretti attorno a un fuoco di bivacco che tutto rende possibile.

Bastò la possibilità di quella sera infatti per convincere Giacomo Giovanelli a tornare a far parte del Gruppo Scout, dopo che, ormai da qualche anno, se ne era allontanato. La proposta fu semplice e diretta, in pieno stile Scout. C’era bisogno di un Capo Clan per poter dar vita ad un servizio continuativo nel Gruppo da parte dei ragazzi più grandi che uscivano dal Riparto. Quella sera Giacomo disse che si poteva fare: sarebbe stato lui a guidare la squadra in questa nuova avventura.

I ragazzi di allora iniziarono a vedersi con costanza e a creare una piccola comunità, ma questa ancora non aveva un nome. Si decise di cercarlo a Bologna, con un’uscita appositamente organizzata per raggiungere quell’obiettivo. Giacomo conosceva bene la città e sembrava la meta giusta per trovarvi ispirazione. I ragazzi ben felici dell’uscita fuori porta si trovarono subito di fronte alla grande basilica di San Petronio. Era una bella giornata e la luce rimaneva ingarbugliata tra le profonde fessure dei mattoncini della facciata non finita. “Chiamiamoci Clan Maggiore!” Disse all’improvviso uno dei ragazzi. Perché no? Non pareva male. Maggiore come quella Piazza infinitamente vasta se pensata all’interno di una città medievale come Bologna. Tuttavia qualcuno non sembrava troppo convinto. “Giriamo l’angolo e forse ci verrà in mente qualcos’altro” disse un altro.

Di là, oltre il bugnato cinquecentesco del Palazzo del Podestà, si intravedeva già il corpo nero e cangiante del Nettuno. Emergeva splendido in cima alla fontana, circondato dalle ninfe che giocavano con l’acqua. Un Nettuno possente, ardito ed energico, capace di rappresentare al meglio l’audace giovinezza di un gruppo di ragazzi che avevano fretta di imparare a guidare da soli la propria canoa. Tutti si trovarono d’accordo: era bastato girare un po’ intorno alla piazza, cambiare la prospettiva, e tutti si erano convinti.

Davvero una bella storia da raccontare al caldo della fiamma a tutti quelli che in futuro faranno parte del Clan Nettuno di Calcinelli.

2001/2002 Un desiderio venuto da lontano

Laura Bruscoli

Nonostante sia una delle cinque ragazze che a Calcinelli hanno iniziato l’avventura dello scautismo al femminile, non mi ero mai chiesta come fosse stato piantato questo seme, e perché la nostra cara fondatrice, Marusca Tenaglia (Maru) rispose SÌ a questa chiamata fuori dalle righe che le era stata fatta.

Quindi vado da lei e le chiedo, appunto, perché ha detto sì e da dove viene il tutto. Scopro così che il desiderio di questa sezione femminile del Gruppo viene in primis da Fabio Francesconi (il Big), che nella sua lungimiranza, chiede a tre animatrici parrocchiali di seguire il Riparto Esploratori al loro campo estivo e di svolgere lì un servizio di cambusa.

Una di quelle tre animatrici è la nostra Maru, che nel 1998 fa la sua esperienza in tenda, con pantaloncini con i tasconi e la maglietta blu, accampata fuori del Rifugio di Madonna dell’Acquanera, ad osservare da vicino un Riparto Esploratori.

Ma come ben sappiamo le Guide non compaiono a Calcinelli nel 1998 ma nel 2001 per la prima volta. Quindi: cosa è successo in questo lasso di tempo?

Maru svolge il servizio di animatrice in Parrocchia per un triennio poiché aveva già speso una parola in questo senso e allo scadere del triennio, invece di prendere un nuovo gruppo di ragazzi, si ritrova a parlare una sera con Big, Giacomo “Giova” Giovanelli, Francesco “Bruno” Brunori, e Giovanni “Cioffi” Cicoli, e si sente dire:

“Noi ti vediamo come la persona che porta con sé la vicinanza allo scautismo e l’esperienza con i giovani”.

Quelle parole si sono sommate alle considerazioni fatte in quei tre anni: in quel campo estivo, ciò che aveva maggiormente colpito Maru dello scautismo era la profonda autonomia e il forte senso di responsabilità che vivevano i ragazzi nella loro vita di Squadriglia.

Ed è stata proprio questa la proposta fuori dalle righe che Maru ha accettato (non finiremo mai di ringraziarla per questo): essere la Capo di una manciata di ragazzine che avrebbero voluto sviluppare questa autonomia e questa responsabilità.

Quelle ragazzine sono comparse nell’estate del 2001 ed erano: Francesca Maltempi, Francesca Curzi, Alice Ragnetti, e chi scrive ora, Laura Bruscoli. Tutte quattro, guarda caso, conoscevamo il Big e sono sicura che più volte ci eravamo sentite dire: “Ehi, ma tu vuoi fare i boy Scout?” – con un tono che accentuava le parole “boy” e “Scout”.

Forti del nostro sì e dell’avere Maru con noi, tutte cinque partiamo per il primo campo di formazione, ad agosto 2001.

Da quel campo all’apertura del Riparto Guide, avvenuta ufficialmente il 3 febbraio 2002, ne sono successe di cose: la prima comparse delle ragazze in uniforme (che imbarazzo mettersi quella brutta gonna pantalone, ma quanto era bella la camicia con tutti i distintivi); i Passaggi di inizio anno in cui i ragazzi ci hanno insegnato a cucinare alla trappeur; le domeniche mattine in affiancamento al Riparto Esploratori ad imparare le tecniche Scout (dalle legature per le costruzioni alle coordinate topografiche), e il conoscerci sempre di più per arrivare emozionate a quella domenica 3 febbraio 2002.

Quelle cinque iniziali ragazze erano diventate quattro dopo i primi mesi, e si sentivano rare e fortunate per quello che stavano vivendo.

Per questo il nostro Riparto Guide si chiama “Il Quadrifoglio”.

Metà di quella fortuna veniva dal forte e costante sostegno di una sezione maschile che aveva scelto di rivolgersi a persone del posto, a cui non è stato chiesto di allontanarsi o formarsi in un altro Gruppo Scout per poi tornare all’ovile. Lo stare vicino alla nostra sezione maschile ci ha fatto sentire sempre appoggiate e sorrette nei primi passi al femminile, ci ha fatto respirare un’atmosfera di condivisione e comunione fraterna, che ci ha permesso di diventare quello che vediamo oggi.

L’altra metà della fortuna veniva dalla ferma volontà di voler scoprire che il Guidismo, seppur con gli stessi principi e gli stessi valori, non era certo una copia dello scautismo al maschile ma semplicemente un’occasione per sviluppare la femminilità in quelle ragazze, per portarle poi a divenire delle Guide, delle Donne di Carattere per la società del domani.

Un altro nome va citato nel ricordare le origini rosa del nostro Gruppo: nella notte tra il 26 e il 27 ottobre 2002 nasceva il Fuoco Girasole con Paola Ruggeri come Capo Fuoco.

La stessa Paola che nel 2008 aprì il nostro Cerchio.

Ma questa è un’altra storia che potrete leggere nelle prossime pagine…

2002/2003 Daily Zelazko

Massimo Mattioli e Fabio Francesconi

Era da poco iniziato il XXI secolo… il Calcinelli 1° era pronto ad esplorare nuovi orizzonti e la passione che i capi misero nel proporre questa avventura ai ragazzi fu indiscutibilmente la chiave della riuscita! Il Riparto, con a capo Fabio Francesconi (il Big) aiutato da Francesco Brunori (Bruno) e Giovanni Cicoli (Cioffi) nell’estate del 2003 (2-11 agosto) parteciparono al raduno internazionale della Federazione dello Scoutismo Europeo chiamato Eurojamboree (o Eurojam per i più nostagici), un evento organizzato con una periodicità irregolare (circa ogni 10 anni) al quale tutti i membri delle varie associazioni nazionali sono chiamati a portare ragazzi e ragazze. Noi rispondemmo alla chiamata, facendo nostro lo spirito del motto scelto per l’evento: “duc in altum” ovvero “prendi il largo”. Abbiamo quindi scelto di intervistare il Big, rispolverando la vecchia foto che fece ad alcuni ragazzi proprio prima di salire sul “veicolo” che li condusse al campo.

Cosa hai pensato appena hai rivisto la foto? Ti ricordi dove e perché l’avevi scattata?

“Zaviercie” Polonia!! Piazzale della stazione, eravamo da poco arrivati al nostro primo EUROJAM! Incredibileeeee! In realtà si scrive Zawiercie e non ho la più pallida idea di come si pronunci ma per noi era semplicemente “Zavierce”. Ad ogni modo, non saprei da dove cominciare. Tantissimi ricordi, tantissime emozioni che descriverle in poche parole sarebbe quasi impossibile. Dico soltanto che se ci penso troppo mi potrebbe venire da piangere. Nostalgia, quella tanta. Nostalgia di un’esperienza magnifica, indimenticabile e a suo modo direi quasi irripetibile! Eravamo arrivati da poco alla stazione di questa cittadina polacca e da qui dovevamo raggiungere “Zelasko”, luogo del magico incontro. Ad aspettarci c’erano questi strani mezzi con le sembianze di pullman, molto anni ’50 e molto ma molto diversi da quelli che eravamo abituati a vedere dalle nostre parti. In realtà tutto intorno a noi era molto diverso dal solito, era come aver fatto un tuffo nel passato ma per noi era tutto eccitante, tutto assolutamente divertente! Forse con questa foto volevo immortalare proprio questo aspetto particolare. Nel rivedere i volti di quei ragazzini che a distanza di 15 anni sono uomini grandi e maturi, alcuni sposati, altri imprenditori e professionisti affermati non posso fare a meno di pensare che anche nel loro cuore, l’Eurojam resterà un’esperienza, un ricordo da custodire gelosamente…ora mi commuovo sul serio!

Si dice che il bello di un viaggio non sia la meta ma il percorso per raggiungerla… Perché avete deciso di partire? Raccontaci un aneddoto emblematico:

Direi che in questo caso di bello ci sia stato sia il viaggio che la meta! Frasi fatte a parte è stato tutto davvero entusiasmante a partire dalla preparazione iniziata ben 3 anni prima della partenza. Infatti, per la prima volta nella storia degli Eurojam, la selezione non era più solo e soltanto una mera questione numerica ma bensì una vera e propria conquista legata al merito. Mi spiegherò meglio. Nel corso del triennio che precedeva l’Eurojam le Squadriglie dovevano dimostrare di possedere quelle doti essenziali per poter vivere in maniera adeguata un’esperienza come quella di un campo internazionale, molto impegnativa sotto il profilo del campismo, dell’organizzazione della pattuglia, della capacità di adattamento etc. Tutto questo è stato fatto nella solita maniera…con l’avventura e con il gioco. Venne chiamata “Missione Orion”, come la costellazione…e già si capisce che si pensava in grande. Noi di Calcinelli eravamo un piccolo gruppetto che da pochi anni si stava affacciando timidamente alla vita associativa ma dovevamo dimostrare di essere in gamba, tanto quanto lo erano quei Gruppi storici del resto della nostra associazione…e i ragazzi lo hanno dimostrato e ci siamo guadagnati il diritto a partire. Da lì c’erano ancora tante cose da fare, preiscrizioni, iscrizioni, moduli, burocrazia, vaccini anti zecca killer e tantissime altre cose ma finalmente, il momento di partire è arrivato. Il viaggio, quello vero, quello che dopo 22 ore di treno ci ha portati fino in Polonia, è stato per me uno dei momenti più intensi ed oggi è uno dei ricordi più nitidi. Viaggiavamo su treni speciali, messi a disposizione della nostra associazione proprio per questo evento. Provate ad immaginare centinaia e centinaia di ragazzi da tutta Italia, carichi di entusiasmo, con un’unica meta, a bordo di questi vagoni che alla fine sembravano più simili ad un cargo bestiame che altro…un caos pazzesco, un’euforia tangibile, un viavai di fazzolettoni di ogni colore, su e giù per le carrozze, la curiosità mista ad un pizzico di cauta circospezione verso i ragazzi e le ragazze di altri Gruppi. Le facce fuori dai finestrini e le stazioni che passavano, i paesaggi che cambiavano piano piano. Intanto il sole scendeva, il ritmo incessante del treno che procedeva sui binari quasi ci cullava. L’euforia, dissipata dalla stanchezza e dalla notte che avanzava fece calare il silenzio più totale su tutto il treno. Cuccette chiuse, luci spente. A pensare a qualche ora prima sembrava surreale. In quei momenti, forse per la prima volta, ho realizzato quanta fiducia, i genitori dei nostri ragazzi avevano riposto in me e nello scoutismo. Forse per molti di loro non sarà stato così facile. Il peso della responsabilità era grande ma grande era anche la forza che ciò mi dava per sostenerlo. Il silenzio si è rotto quando al confine con l’Austria tutti i treni diretti all’Eurojam si sono fermati in stazione. Peggio dell’inferno scatenato dai gladiatori al segnale di Massimo Decimo Meridio. Inni di Mameli cantati a squarciagola all’unisono fra i due treni, urla da stadio nel cuore della notte…indescrivibile direi e per fortuna non avevamo ancora vinto i mondiali di Germania!! Ma di tutto il viaggio, alla storia saranno consegnate sicuramente tre cose: Il “Passaporten Kolletifen” urlato dalla polizia alla frontiera con la Repubblica Ceca; Giacomo Marinelli (Maro) che tenta di mediare con questi in un italiano forbito e scandito e Sebastiano Fraternale (Sebi) che da lontano gli urla “Marineeeeellliiii…” con quel tono di sospensione che molto velatamente faceva intuire l’esclamazione successiva “…lascia gì!!” (lascio a voi la traduzione e l’interpretazione). Raccontata così non ci sarebbe niente di divertente ma vi assicuro che in quell’istante si scatenò l’ilarità generale davanti a quei poveri poliziotti che ovviamente continuavano a non capire né Marinelli né il motivo per cui tutti ridevamo.

Questa è stata la prima volta che membri del nostro Gruppo hanno vissuto un’esperienza internazionale. Cosa ti è rimasto di questo scambio? Come pensi che i ragazzi lo ricordino?

Si, in assoluto la prima volta. Prima di una lunga serie oserei dire. L’Eurojamboree precedente si era svolto in Italia nel 1994 e noi non eravamo ancora un Gruppo “svezzato” diciamo. Anzi in quegl’anni, per una serie di motivi, non ce la passavamo proprio bene ma con un po’ di fatica siamo riusciti a cavarcela e a venirne fuori ancora più forti di quanto lo eravamo prima. Nel 2003 si può dire che eravamo maggiorenni. Il Calcinelli 1 stava crescendo ed eravamo pronti per mettere il naso fuori dal “confine” ed affrontare una sfida come quella dell’Eurojam. In senso assoluto penso che quella sia stata un’esperienza davvero straordinaria sotto il profilo della relazione e dell’incontro fra persone provenienti da paesi e culture diverse. L’integrazione non è cosa impossibile né d’altro canto, non è cosa scontata. Quei pochi giorni di campo hanno dimostrato che i ragazzi vogliono e sanno stare insieme, che le differenze ci sono e non vanno appiattite ma comprese, preservate e valorizzate. In tutto questo lo scoutismo si è confermato uno strumento efficace, un progetto concreto di integrazione pensata e costruita ogni giorno, dentro e fuori ognuno di noi. Detto ciò credo che i ragazzi in realtà ricorderanno molto meglio le legnate prese dai francesi durante le sfide a scalpo!! Ce le hanno date di santa ragione, bisogna ammetterlo, sul piano fisico ci hanno quasi schiacciato ma ce li siamo mangiati con l’arte della diplomazia e con la “cultura”. Infatti, come me, tutti ricorderanno il discorso e la traduzione in simultanea di un Giacomo Cicoli (Sacco) che allora non superava il metro di altezza. Ci fece rimanere tutti a bocca aperta, noi e loro. Questi ragazzoni francesi che sembravano dei trentenni tanto erano grossi, non poterono che applaudire e complimentarsi. Ne uscimmo acciaccati ma fieri e soddisfatti. Grande Sacco!

Nell’epoca di Masterchef e dei piatti di novelle cousine, si riscoprono sapori polacchi come il tonno “Tonka” la carne “Volovina” ed il succo “Tymbark”. Come hai affrontato, assieme al Riparto, questa triste pagina della storia culinaria?

Triste quanto divertente direi! Per dare l’idea di quello che poteva essere il cibo polacco vi dirò che in quei giorni avremmo pagato oro per una scatoletta di “Simmental” …non so se rendo? Per fortuna i ragazzi, quasi tutti, presero la cosa con molta filosofia e non fu difficile superare quei “brutti” momenti. Questi cibi divennero presto dei veri e propri simboli di quella esperienza. Se devo essere preciso hai dimenticato di citare i biscottini “petit beurre” e quella specie di prosciutto cotto che nella sua confezione originale somigliava più ad un ferro da stiro che ad un pezzo di carne. Ovviamente ci organizzammo con qualche scorta extra di buon cibo italiano e questo alleviò un po’ le nostre sofferenze alimentari. Emblematico fu lo scambio con i polacchi detto “convivium”. In sostanza noi dovevamo cucinare per loro e loro per noi, Fu’ la prima volta che la cambusa ci passava della carne “vera”. Delle coscette di pollo che cucinammo con tanta cura e tanto amore. Al solo pensiero di dover cedere questo pasto ci piangeva il cuore ma a rendere la situazione ancor più tragicomica fu il cibo che i polacchi offrirono a noi. Non chiedermi cosa fosse perché dopo 15 anni ancora rimane un mistero. Nonostante tutto superammo anche questa con “nonchalance” e la serata si chiuse fra l’ilarità con l’immancabile “gara di rutti”. Del resto, bisognava parlare un linguaggio comprensibile a tutti. Inutile dire che vincemmo noi!

Siete rientrati come degli eroi dopo la guerra. Qual è il ricordo più significativo? Quello più spiacevole? Quello più divertente?

Per citare De Andrè “Alla stazione c’erano tutti con gli occhi rossi e il cappello in mano…C’era un cartello giallo con una scritta nera”. Ora non ricordo se il cartello fosse giallo e la scritta nera ma sta di fatto che il cartello c’era davvero. Più corretto dire uno striscione di “bentornati”. Oltre ai genitori ed alcune ragazze del Gruppo, c’era il vecchio Ricca venuto ad accogliere quei ragazzi che aveva cresciuto e che ormai si erano fatti grandi e capaci di “camminare con le proprie gambe”. Non posso non citarlo!! Il ricordo più significativo è senza dubbio la consapevolezza di aver vissuto un’esperienza di scoutismo allo stato “puro”. Partire con lo stretto necessario per campeggiare a migliaia di chilometri da casa, senza alcun confort, fidando solo su te stesso e sui tuoi compagni di avventura. Eravamo lontani dagli amici e dalle famiglie ma con la tempra dei boscaioli di montagna più vissuti ricavammo i pali dal bosco per costruirci un angolino tutto nostro, con tutto il necessario, persino un angolo fuoco con tanto di schienali, “per non farci mancare nulla”: quello venne ridefinito “il recinto delle galline”. Ci fu grande complicità e unione fra capi e ragazzi e grazie a questo non mancò mai il buon umore per superare anche le piccole difficoltà. Fu davvero molto ma molto formativa sia per noi capi che per i ragazzi. Il ricordo più spiacevole, se così vogliamo definirlo, per me furono i “SEBACH” ovvero i cessi chimici frequentati ogni giorno da centinaia di ragazzi. Per quanto si sforzassero di pulirli quasi ogni giorno potete immaginarvi che cosa potevano essere quei cabinotti di plastica, sotto il sole d’estate. Oltretutto si trovavano a centinaia di metri dal nostro angolo…se tanto tanto avevi un’urgenza era ancora una volta il bosco a “venirti incontro”. Inutile dire che anche questa cosa fu motivo di tante risate!! Sul ricordo più divertente avrei davvero l’imbarazzo della scelta. Fu tutto assolutamente divertente!! Il viaggio, la vita da campo, gli scambi con le Squadriglie delle altre nazioni, le cerimonie con l’ammiraglio che dirigeva la fila, i capi bivacco, il mio quasi omicidio dell’assistente generale, le semplici cose come la cambusa al mattino, la cucina sui fornelli da campo dove sempre Sacco si procurò un’ustione di 15° grado…a suo modo anche quello fu divertente se ripenso alla frase del dottorino di campo che gli disse “forse ti rimarrà il segno ma non preoccuparti tanto tu non farai mai il modello”. In effetti oggi Sacco ha intrapreso la carriera di commercialista ma avrebbe avuto tutte le caratteristiche per fare davvero il modello ahahaha!! Tantissimi aneddoti che a raccontarli ci vorrebbe davvero una “vita”. In ogni caso un’esperienza che da Capo e da squadrigliere capita una sola volta nella vita e per tutti noi, mi sento di poter dire che fu straordinaria.

Grazie Fabio per la condivisione di questi ricordi genuini e senza tempo: chi c’è stato penso che vorrebbe tornarci e chi non ne ha avuto l’opportunità, potrà certamente sognare con gli occhi di chi ha veramente vissuto “la vita come un’avventura”.